La sera di ottobre era umida e ventosa, e Milano pulsava sotto una leggera pioggia battente che trasformava le luci dei lampioni in striature dorate sull’asfalto bagnato. Giulia, studentessa fuorisede, fissava il monitor con gli occhi brucianti dalla stanchezza. L’esame di diritto internazionale, quello decisivo per la laurea, era fissato per le 8:00 del mattino seguente all’Università Statale. Si preparava da mesi, era tutto pronto: le appunti perfetti, l’abbigliamento scelto con cura, la sveglia impostata. Andò a dormire tardi, ma serena, sperando in poche ore di sonno ristoratore.
Poco dopo le 2:00 di notte, un dolore acuto e improvviso la strappò dal sonno profondo. Un crampo violento allo stomaco, come una morsa che si stringeva. Trattenne un gemito, cercando di raddrizzarsi nel letto. Il dolore, invece di placarsi, s’intensificò, irradiandosi al fianco destro, violento e implacabile. Sudava freddo. Non era un semplice mal di pancia, questo lo sapeva. L’appendice? Un’idea terribile che le gelò il sangue ancor più del dolore. Doveva andare in ospedale. Presto. Ma come? Le ultime metro avevano appena chiuso il servizio. Gli autobus notturni erano radi e lei non aveva confidenza con le linee notturne. Tentò di chiamare un taxi con un’app famosa sul suo smartphone, ma nella zona periferica dove abitava, vicino alla stazione di Lambrate, la notte e la pioggia sembravano aver prosciugato ogni vettura disponibile. Il timer continuava a cercare… nessun risultato. La paura, per la sua salute e per l’esame sul quale aveva riposto tutto, si fuse al dolore, paralizzandola per un attimo. Si sentì piccola e terribilmente sola nella sua stanza all’ultimo piano.
Resistendo alle onde di nausea, con le mani tremanti, scavò nella memoria. Un volantino digitale, un numero stampato su un adesivo attaccato al frigo del suo appartamento condiviso: “Radio Taxi 24 – Servizio permanente giorno e notte”. Non ci aveva mai fatto caso. Era la sua unica speranza. Compose il numero con dita rigide, trattenendo il respiro. Rispose subito un operatore, voce maschile, calma e professionale. Giulia balbettò la sua situazione, il dolore lancinante, l’ospedale più vicino (il Policlinico), la disperazione per l’esame. L’operatore fu rassicurante: “Stia tranquilla signorina, una vettura è subito disponibile non lontano da lei. Ci metterà al massimo dieci minuti. Resista.” Dieci minuti sembrarono un’eternità, tra una contrazione e l’altra, avvinghiata al cuscino. Sentì le scarpe scalciare i piedi sul pavimento mentre si preparava, le lacrime di disperazione e dolore mescolate alla pioggia che tamburellava ancora sulla finestra.
Preciso come un orologio svizzero, in meno degli annunciati dieci minuti, un clacson discreto risuonò sotto casa. Giulia scese le scale appoggiandosi al corrimano, una mano premuta sul fianco. Ad aspettarla c’era una berlina grigia, targata Radio Taxi 24, e alla guida Gianni, un tassista sulla cinquantina dall’aria signorile ma decisa. “Su, su, salga pure, signorina, la porto io”, disse aprendole la portiera con premura. Durante il tragitto, Gianni guidò con abile prudenza nel traffico notturno reso ancora più scivoloso dalla pioggia, sgattaiolando tra i viali e aggirando le code. Parlò a bassa voce per tranquillizzarla, chiedendole solo se il dolore aumentava o se le reggeva la nausea. Quel minimo di compagnia umana, oltre all’evidente efficienza, fu per Giulia quasi calmante quanto la cura che stava per ricevere.
Arrivarono al Pronto Soccorso del Policlinico in tempi da record. Gianni la aiutò scendere e, rifiutando con garbo il pagamento anticipato (“Pensi a farsi vedere, poi se la sistemo con l’applicazione, signorina”), le indicò con precisione l’ingresso. Dentro, dopo un rapido triage, fu ricoverata in chirurgia per una appendicite acuta che rischiava di perforarsi. L’intervento avvenne d’urgenza poco dopo. La mattina dopo, seppur stremata dalla notte e dall’operazione, ma fuori pericolo e con le cure necessarie in atto, riuscì comunque a contattare la segreteria universitaria spiegando la situazione. Le fu concessa una sessione di recupero poche settimane dopo. Quando, desiderosa di lasciare l’ospedale, chiese nuovamente il taxi con l’app di Radio Taxi 24, l’efficienza fu identica: pulito, puntuale, affidabile. Guardando dal finestrino verso l’Università, mentre la città era ormai piena luce, Giulia pensò che senza quel numero salvifico trovato per caso su un adesivo sul frigorifero, e senza l’intervento puntuale e umano di quel servizio attivo di notte, quella brutta avventura avrebbe potuto avere un esito ben peggiore per la sua salute e per i suoi studi. Chiamare quel numero non era stata solo una scelta, era stata la soluzione decisiva.
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