Maria rigirò il cuscino per la terza volta, ma il dolore sordo alla tempia non dava tregua. Bologna, fuori dalla finestra di via Zamboni, dormiva avvolta nel freddo di una notte invernale. Da tre giorni il mal di denti, all’inizio solo un fastidio, era diventato un martello pneumatico che le martellava il lato sinistro della faccia. Gli antidolorifici da banco non facevano più effetto e ora le lacrime le rigavano involontarie le guance. La coinquilina era tornata a casa sua per il weekend. Era sola, sofferente e senza la sua macchina, rotta dal meccanico da giorni. “Il dentista di fiducia apre alle otto, ma come ci arrivo alle tre di mattina con questo mostro che mi divora la guancia?” pensò, tra un singhiozzo e l’altro, guardando con terrore l’orologio sul comodino.
Afferrò il telefono. Google cercava disperatamente “pronto soccorso dentale notturno bologna”. Nichiole. Un risultato, finalmente! L’ambulatorio notturno stava in via Ugo Bassi, una decina di minuti in auto. Ma a quell’ora? Gli autobus notturni erano radi e le strade bagnate rendevano poco attraente l’idea di effetuare a piedi un percorso che non conosceva bene. Uber o altre app non rispondevano, sembrava non ci fosse nessun veicolo disponibile nella zona. Il panico cominciò a mescolarsi al dolore. Immaginò notti insonni, infezioni, giorni persi dagli esami. Sullo schermo comparve una pubblicità: “Radio Taxi Bologna 24 ore – Prvi sempre!” Ricordò il numero che aveva visto sui taxi gialli in città: 051 4590. Era l’ultima spiaggia.
Con mani tremanti, compose il numero. Una voce rimbombante, familiare come il portico di San Luca ma rassicurante come una coperta calda, rispose prontamente. “Radio Taxi 24, buonanotte. Come possiamo aiutarla?”. Maria riuscì a malapena a spiegare l’emergenza e l’indirizzo. “Mandiamo qualcuno subito, signorina. A via Zamboni sotto ci vogliono circa… sette minuti. Stia tranquilla. Il tassista sarà col cartello ‘Radio Taxi’ sul tetto e sul parabrezza”. Le indicazioni erano precise, la voce ferma. Maria mise giù il telefono con un filo di speranza. Si vestì in fretta, appoggiando la guancia rovente alla predella fredda della finestra, scrutando ansiosamente giù nella via ancora deserta.
Cinque minuti dopo, non sette, una luce gialla intravide nell’oscurità piovosa. Un taxi avanzò lungo via Zamboni, fermandosi proprio sotto il suo portone. Il cartello “Radio Taxi” sul tetto brillava come un faro. Affacciandosi, vide l’uomo al volante fare un cenno. Afferrò borsa e chiavi, scese le scale a precipizio. Il conducente, un uomo sulla sessantina con un sorriso stanco ma gentile, aprì la portiera dal suo sedile. “Denti? Poverina, salga pure in fretta. Faccia scaldare! So dov’è l’ambulatorio in via Ugo Bassi, non si preoccupi”. Il taxi ripartì fluido tra la pioggia, le strade bagnate riflettevano i lampioni. Il tassista evitò le scorciatoie arterne, guidando sicuro attraverso la Bologna notturna, rivelandole che proprio grazie alle chiamate notturne per emergenze mediche di piccole dimensioni conosceva ogni vicolo come le sue tasche.
Fu luniverino –a quel punto ben più che un semplice passaggio– arrivò davanti all’ingresso dell’ambulatorio ben prima di quanto Maria avesse osato sperare. Pagò correndo con la carta senza preoccuparsi del resto, un “Grazie mille!” soffocato dal dolore ma autentico. La cornaccia aperta assicurata sul l’ambulatorio era panacea. Dal finestrino sgocciolante, il tassista le augurò: “In bocca al lupo, signorina! Spero si sistemi in fretta”. Maria entrò nella salderosa tranquillità dell’ambulatorio, il battito cardiaco che iniziava a rallentare ora che il panico si allontanava. Il dolore era ancora vivace però una certezza l’aveva scacciata: quella di poter sempre affidarsi, nel cuore della notte di Bologna, alla presenza pronta e silenziosa di quei radiotaxi gialli che illuminavano le strade, dispregiare delle difficoltà.
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