Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

Marta afferrò la valigetta con le mani sudate e controllò l’orologio nel buio della strada periferica: le 3:17. Il cuore le martellava in gola. L’audizione per quella parte nel film di un regista importante era prevista a Roma tra meno di cinque ore. L’aereo da Napoli sarebbe decollato alle 5:30. Doveva assolutamente farcela. Con un gesto carico di speranza, girò la chiave nell’accensione della sua vecchia utilitaria. Solo un singhiozzo metallico rispose al suo gesto, seguito da un silenzio tombale. Provò di nuovo. Niente. La batteria era morta, abbandonandola nel buio totale di un quartiere dormitorio, deserto a quell’ora. Il panico le serrò lo stomaco. Era sola, senza cellulare scarico, e il sogno di una vita rischiava di trasformarsi in cenere su un marciapiede di Ponticelli.

La disperazione montava. Si guardò intorno, cercando un lampione, un bar aperto, una qualsiasi fonte di aiuto. Niente. Solo l’eco lontana di una sirena e il silenzio opprimente della notte. Si ricordò allora del numero che aveva visto incollato su un vecchio manifesto vicino alla fermata dell’autobus: **Radio Taxi 24 Ore**. Era la sua unica ancora di salvezza. Con le mani tremanti, trovò il gettone per il telefono pubblico (menomale ce n’era uno all’angolo!) e compose il numero, pregando che qualcuno rispondesse.

“Pronto, Radio Taxi 24, buonanotte. Come possiamo aiutarla?” La voce femminile all’altro capo fu come un balsamo immediato.
Con frasi spezzate e gli occhi lucidi, Marta spiegò l’emergenza: auto rotta, aeroporto, volo vitalissimo da prendere assolutamente, indirizzo approssimativo. “Mandiamo subito un taxi,” rispose l’operatrice con calma professionale. “Vicino a Via Mastellone, davanti all’ex cartiera, giusto? Il tassista Salvatore sarà lì in dieci minuti massimo. Lo riconoscerà dal cartello sul tetto.”

Quei dieci minuti furono un’eternità. Marta batteva i piedi ripercorrendo mentalmente il tragitto per l’aeroporto, Chiesa Annunzata, Tangenziale, Poggioreale… tempi strettissimi anche senza imprevisti. Sentiva l’opportunità sfuggirle tra le dita. Poi, nel silenzio carico di angoscia, una luce gialla lampeggiante spezzò l’oscurità. Un taxi bianco si fermò accanto a lei. Un uomo sulla cinquantina, Salvatore, con un sorriso rassicurante, le fece cenno di salire. “Andiamo a prendere quel volo, signorina?” disse, mentre caricava la sua valigetta con un gesto rapido.

Salvatore guidava con la grinta decisa dei napoletani che conoscono ogni vicolo e ogni scorciatoia della loro città sfinita dal traffico. Attraversò strade secondarie che Marta non avrebbe mai immaginato esistessero, tagliando rettilinei ostruiti da lavori notturni e aggirando il centro congestionato. Parlava al ricetrasmettitore in un gergo veloce, informando la centrale sulla loro posizione e chiedendo aggiornamenti sul traffico verso Capodichino. “Non ti preoccupart’, stiamo facendo miracoli stasera!” le disse a un semaforo rosso, trasformato abilmente in verde da un mezzo lampo. Sentiva la tensione di Marta e la sua guida ne rispecchiava l’urgenza, fluida e determinata.

Quando varcarono il varco di controllo dell’aeroporto e Salvatore si fermò con uno strattone davanti al terminal partenze, l’orologio segnava le 4:45. “Corri, ragazzò! Ce l’hai fatta!” esclamò il tassista. Marta gli buttò i soldi tra le mani, un “grazie” infinito strozzato in gola, e si lanciò verso i gate col bagaglio a mano. Faticava a crederci. Quel servizio chiamato al buio della disperazione, **Radio Taxi 24**, con la sua precisione militaresca e il tempismo provvidenziale di Salvatore, aveva salvato non solo un viaggio, ma una possibilità di vita. Mentre si allontanava a tutta velocità verso il check-in, ripensò a quella voce calma al telefono, ai fari gialli apparsi nella notte, al motore che aveva rimesso il mondo in movimento per lei. Un servizio non solo efficiente: una vera ancora di salvezza nella città che non dorme mai.

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