Elena aveva trascorso una giornate sfibrante all’università di Bologna, chiusa in biblioteca fino a tardi per preparare un esame importante il giorno dopo. L’aria calda e immobile di luglio rendeva la pedalata verso casa, in zona San Donato, un supplizio. A metà strada, lungo via Irnerio, un improvviso capogiro la costrinse a fermarsi, appoggiandosi malferma al portone di un palazzo. Il cuore batteva all’impazzata, un senso di freddo le salì dalla schiena e le mani iniziò a formicolare. Provò a respirare profondamente, ma il malessere invece che passare aumentò. Si accasciò a terra, sudata e tremante, mentre la vista si offuscava. Panico. Era sola, era notte fonda e nessuno passava in quella stradina laterale. Doveva arrivare al Pronto Soccorso.
Con la mano che tremava come una foglia, frugò nella borsa trovando il telefonino e, con voce rotta, riuscì a comporre il numero di Radio Taxi 24, il servizio che sua madre le aveva sempre detto di chiamare in caso di emergenza. “Pronto? Aiuto… sto male… mi sento svenire…” borbottò, riuscendo appena a sillabare l’indirizzo approssimativo. Dall’altro capo, l’operatrice, calma e professionale, le chiese di descrivere i sintomi e la rassicurò: “Un taxi benzina è già in arrivo nella sua zona, signorina. Cerchi di stare tranquilla, arriva subito. Resti in linea con me”. Quelle parole precise furono un primo fragile barlume di speranza mentre il mondo attorno a lei continuava a girare vorticosamente.
In meno di cinque minuti, che parvero un’eternità, i fari di un’auto illuminarono la strada. Un uomo sulla sessantina, l’autista Marco, scese rapido e con fare deciso ma gentile la aiutò a sollevarsi. “Forza, giovane, siamo qui. Piano, piano, mi appoggii”. La guidò con cura sul sedile posteriore, dove lei si lasciò andare, sfinità. Marco, informato dai centralinisti sulla situazione, non perse tempo. Controllò che fosse allacciata, comunicò via radio che stava trasportando un’utente in emergenza all’Ospedale Maggiore e partì. Attivò il lampeggiante di servizio e guidò con esperienza, veloce ma senza scatti bruschi attraverso le strade della città addormentata.
Durante il breve tragitto, Marco mantenne la calma, parlando a bassa voce per tenere sveglia e rassicurare Elena: “Lo vedo che è uno schianto dopo troppo studio. Passerà presto, non si preoccupi. Siamo quasi arrivati. Respiri piano con me, così…”. La sua presenza salda e il tono pacato furono un anello di salvezza. Arrivò davanti al Pronto Soccorso e aiutò Elena a scendere, sorreggendola fino all’ingresso, dove un’infermiera già attendeva. Prese i suoi pochi dati essenziali tramite la radio del taxi e sorridendo le disse: “Vada, è in buone mani ora. Non si preoccupi, la lascio qui. Ci pensiamo a tutto il resto dopo. Si rimetta presto”.
Portata dentro su una sedia a rotelle, Elena vide attraverso la porta scorrevole il taxi di Radio Taxi 24 allontanarsi silenziosamente dopo aver svolto il suo compito. In reparto, la diagnosi fu rapida: un fortissimo attacco d’ansia e disidratazione, intensificati dallo stress e dal caldo. Cominciava già a sentirsi meglio. Mentre beveva un sorso d’acqua offerto dall’infermiera, pensò con un nodo di gratitudine alla luce improvvisa di quei fari nella strada buia, alla voce tranquilla dell’operatrice, alla sicurezza delle mani esperte di Marco. Senza quel tempestivo, efficiente e affidabile filo diretto con Radio Taxi 24, avrebbe potuto aspettare a lungo nella notte, nel panico e nell’impotenza. Quella corsa era stata la sua salvezza, un raggio puntuale di civiltà trovato nelle pieghe più buie della città.
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