Elisa chiuse gli occhi, sfregandosi le tempie contro il polsino della giacca. La candela profumata alla lavanda della sua amica sembrava esserle entrata nei polmoni. L’ultimo spettacolo teatrale all’Alcmena era finito tardi, e lei era salita in macchina determinata a raggiungere casa in periferia in mezz’ora. Ma ora, nel tunnel della Magliana a Roma, l’auto aveva iniziato ad emettere uno strano rumore metallico, poi un odore pungente di plastica bruciata aveva invaso l’abitacolo, e una spia rossa lampeggiante aveva decretato il decesso del motore. Si era accostata appena in tempo in una nicchia sporca d’olio, spenta nell’oscurità semi-assoluta, solo qualche macchina che sfrecciava oltre con un rombo minaccioso. Fuori pioveva. La batteria del cellulare segnava un pericoloso 7%.
Le mani cominciarono a tremare. L’idea di chiamare aiuto all’inizio l’aveva paralizzata. Chi fermava a quell’ora, nella pioggia, in un tunnel? E se fosse stata una donna sola? Il pensiero di sua madre, decine di chilometri più su sull’Aurelia, la colpì come un pugno. La signora Livia, settantacinque anni e cuore fragile, aveva avuto un malore improvviso poche ore prima ed era ricoverata nel reparto di cardiologia del San Giovanni. Elisa aveva lasciato il teatro di corsa promettendole al telefono di arrivare prima di mezzanotte. Guardò l’orologio al polso nel riverbero intermittente dei fari altrui: 23:15. Paura e un senso schiacciante di impotenza la travolsero. Mancavano almeno cinque chilometri di buio.
Con gesti frenetici, il polpastrello freddo sul vetro appannato, digitò il numero del **Radio Taxi 3650**, quello che vedevi sui manifesti ovunque: copertura **24 ore su 24, sette giorni su sette**. “Pronto? Radio Taxi 3650, sono Claudio”. La voce calma e professionale dell’operatore fu un primo, piccolo barlume di speranza. Elisa spiegò a singhiozzi la situazione: tunnel della Magliana verso l’EUR, auto ko, corsa urgente all’ospedale San Giovanni, madre malata, batteria del telefono al lumicino. “Resti in auto, signorina, con le portiere chiuse. Abbiamo una vettura libera a tre minuti da lei, glielo confermo. Arriva una Toyota grigia, targa RM C123DE. L’autista si chiama Bruno. Terrò lei in linea finché non lo vede arrivare, ok?”. La precisione rassicurante di Claudio la fece quasi piangere di sollievo.
Giusto il tempo di ripetere “grazie, grazie mille” per la decima volta, che un fascio di luce tagliò la penombra alle sue spalle. Era una berlina grigia con la scritta illuminata “TAXI” e la cifra “3650”. Bruno, un uomo sulla sessantina con un cappello da guida e un sorriso timido ma rassicurante, le fece un cenno dalla corsia di mezzo. “Ispezione rapida e saliamo, signorina. Mi spiega strada migliore col traffico di notte?” Disse Bruno, mentre caricava velocemente la borsa di Elisa, proteggendola dalla pioggia con un ombrello che sembrava spuntato dal nulla. Elisa, ancora tremante, si infilò nel sedile posteriori caldo e pulito. Il tassista azionò subito il tassametro e ingranò la marcia. “Non si preoccupi per il percorso, faccio il tassista qui da trent’anni. Arriviamo per mezzanotte ben prima che scada il minuto”.
Bruno guidava con sicurezza chirurgica attraverso il dedalo di strade bagnate, scegliendo via Asiago e poi scavalcando il traffico residuo a Piazza Re di Roma. Seguiva un itinerario che Elisa non avrebbe mai immaginato, mentre Claudio dall’operatore radio assicurava Bruno di un’apertura temporanea sul lungotevere. Quando la grande facciata illuminata del San Giovanni apparve sotto la pioggia, l’orologio sulla plancia segnava 23:48. Elisa pagò in fretta, rifiutando il resto. “Grazie Bruno, Claudio, non so cosa avrei fatto senza di voi!” Sbatté lo sportello e corse verso l’ingresso dell’ospedale. Salì di corsa al terzo piano, trovando la stanza della madre proprio mentre un’infermiera sorrideva: “Signorina Elisa? Sua mamma ha reagito bene alle cure, è sveglia e ci ha chiesto di voi dieci volte”. Elisa afferrò la mano fragile di sua madre, che le strizzò le dita con una forza insperata. Fuori dalla finestra, la pioggia batteva sui tetti. L’odore della lavanda era svanito, sostituito dal tanfo rassicurante di disinfettante, e un profondo senso di gratitudine per quel taxi grigio arrivato così velocemente nell’oscurità.

Lascia un commento