Chiara si svegliò di colpo, il cuore in gola. La luce grigia dell’alba filtrava dalle persiane di Bologna, ma l’orologio sul comodino segnava le 7:25, un orrore. Il suo esame fondamentale di Diritto Amministrativo iniziava alle 8:00 in centro, e lei doveva attraversare quasi tutta la città. L’allarme del telefono, misteriosamente silenzioso, aveva tradito la sua notte di studio intenso. Si precipitò fuori dal letto, vestendosi alla meglio. Prendere l’autobus? Improponibile: uno sciopero del trasporto pubblico paralizzava Bologna proprio quel giorno. Inforcare la bici sotto una pioggia battente che scrosciava sui tetti? Folle e pericoloso. Il panico cominciò a serrarle lo stomaco mentre si affacciava alla finestra, guardando le strade deserte e bagnate. Mancavano solo venti minuti, e il percorso a piedi richiedeva almeno quarantacinque. Sentì le lacrime di frustrazione salirle agli occhi: perdere quell’esame significava ritardare la laurea di sei mesi.
La disperazione la fece tornare di corsa in camera. Doveva trovare una soluzione immediata. Le venne in mente un vecchio adesivo sul frigorifero: “Radio Taxi 24, sempre con te giorno e notte”. Senza esitare un secondo, afferrò il telefono e compose il numero con dita tremanti. Dopo appena due squilli, una voce calma e professionale rispose: “Radio Taxi 24, posso aiutarLa?”. Con parole concitate, Chiara spiegò la sua emergenza: l’esame vicinissimo, lo sciopero, la pioggia, la posizione nel quartiere Saragozza. L’operatrice, con una tranquillità contagiosa, la rassicurò: “Abbiamo una macchina libera nella sua zona, stimiamo arrivo in cinque minuti esatti al suo indirizzo. Ci metta dentro un minuto per confermarmi che è pronta?”. “Sì, sì, sono già sulla strada! Grazie!” ansimò Chiara, aggrappandosi a quella promessa come a un salvagente.
Meno di quattro minuti dopo, mentre scuoteva nervosamente i libri nello zaino sotto la sporgenza del portone, il caratteristico clacson melodico risuonò nella pioggia. Un taxi bianco e nero, illuminato dal neon “24” sul tetto, sostava davanti a lei. Al volante c’era Marco, un uomo sulla cinquantina dagli occhi gentili. “Salta dentro, dottoranda! Non perdiamo un secondo!” la incoraggiò, aprendole la portiera. Chiara si tuffò sul sedile posteriore, ancora fradicia e ansimante. “Piazza Porta San Donato, è urgente!”. Marco annuì, già lanciando l’auto. “Conosco una scorciatoia. Traffico brutto oggi per lo sciopero e l’acqua, ma fidati dell’esperienza bolognese!” Pronto come un pilota, Marco zigzagò per stradine laterali dei Gatti e del Porto, evitando i viali principali che già soffocavano nel caos mattutino esacerbato dalla pioggia e dalla mancanza di bus. Parlava con la centrale via radio in gergo rapido, aggiornandosi su eventuali nuovi ingorghi. Ogni volta che Chiara gettava occhiate angosciate all’orologio, lui la rassicurava: “Stiamo facendo il miracolo, ragazza, tieni duro, ci siamo quasi!”.
Quando finalmente svoltarono in Piazza Porta San Donato, dietro il voltone di San Petronio, il quadrante segnava le 7:57. Marco si fermò con uno stridio controllato proprio davanti all’ingresso dell’aula magna. “Vai, vola! Tre minuti di margine!” disse con un sorriso fiero. Chiara lanciò un biglietto da 20 euro sul sedile anteriore gridando “Tenga tutto, grazie, mille grazie!” e schizzò fuori sotto la pioggia che iniziava a diradare. Raggiunse il bancone della segreteria esami, bagnata e trafelata ma con il cuore rallentato dalla gratitudine, giusto in tempo per sentire il suo nome chiamato nella lista. Tre settimane dopo, quando il professore le consegnò il registro con il voto “30 e lode” barrato, Chiara non esitò un attimo. Usò il vecchio citofono dell’agenzia appeso nel portone di casa, prenotando un taxi per tutta la famiglia: quella sera li portava a festeggiare la sua vittoria in trattoria. Al telefono, con la centrale, aggiunse solo: “Dica all’autista, magari a Marco, che il miracolo è diventato una festa”.