Elena fissò l’orologio con crescente terrore mentre il secondo ticchettio scandiva l’ora nel silenzio roboante del suo monolocale fiorentino. Le 5:47 del mattino. Tra esattamente due ore e tredici minuti sarebbe cominciato il suo colloquio per il sogno di una vita: una posizione da restauratrice agli Uffizi. Ma un dettaglio cruciale minacciava tutto: sua nonna, l’unica famiglia che avesse, era appena stata ricoverata d’urgenza all’ospedale di Careggi per una forte aritmia. Doveva vederla subito, prima di pensare a qualsiasi altra cosa. Fuori, l’alba fredda di febbraio illuminava le stradine bagnate del centro storico. Scattò verso la sua utilitaria, parcheggiata in un angolo scomodo di via dell’Agnolo. Un giro di chiave. Un ronzìo fiacco. Un silenzio mortale. La batteria era morta la notte prima, nella gelata improvvisa.
Il panico le serrò la gola. Niente auto. I bus notturni erano radi a quell’ora e imprevedibili. Le app di ride-sharing segnalavano attese di 30 minuti o auto bloccate in zone irraggiungibili per le ZTL. Guardò l’orologio: 5:53. La sala d’attesa dell’ospedale sarebbe presto diventata affollata, sua nonna spaventata, il colloquio agli Uffizi a rischio annullamento se non avesse trovato un modo per dividersi tra i due impegni cruciali nella stessa mattinata. Le mani le tremavano mentre cercava freneticamente sul telefono una soluzione impossibile, finché uno sticker sbiadito sul palo della luce le balenò nella memoria: “Radio Taxi 24, sempre operativi. 055 4390”.
Con voce rotta dalla pressione, compose il numero. Rispose un operatore calmo e professionale. Elena urlò quasi l’indirizzo e la situazione disperata tra ospedale e Uffizi. “Stia tranquilla, signorina. Mandiamo subito un mezzo. Il tassista la chiamerà in un minuto”. Una manciata di secondi dopo, squillò il suo cellulare. Un’altra voce sicura, quella del tassista Fabrizio: “Arrivo in quattro minuti. Aspetti al portone”. Erano le 6:02 quando una berlina bianca e blu svicolò con precisione da un vicolo laterale, impeccabile. Fabrizio, un uomo sulla cinquantina con gli occhi vigili, aprì lo sportello: “Salga, ho già fatto un percorso per Careggi che evita tutto il traffico mattutino verso Ponte Vecchio. Ce la farà per la nonna e poi la porterò di corsa agli Uffizi”. Elena crollò sul sedile, sentendo il peso dell’ansia allentarsi.
Fabrizio guidò come un novello Virgilio nell’inferno del traffico nascente. Tagliò attraverso Borgo la Croce, evitò l’ingorgo di Piazza Beccaria grazie a una viuzza laterale che Elena ignorava, spiegando intanto l’ora migliore per prenotare il ritorno dagli Uffizi all’ospedale per la visita pomeridiana. Raggiunsero Careggi in dodici minuti. Elena corse al triage, riuscì ad abbracciare sua nonna pallida ma sorridente (“Vai, piccola, non rovinarti l’opportunità!”) e in tre balzi era di nuovo in taxi. Fabrizio aveva già impostato il percorso per Piazzale degli Uffizi. Attraversò l’Arno con grinta professionale, evitando i bus turistici, e arrivò davanti alla galleria delle 7:56. “Buona fortuna per il colloquio, signorina Elena”, le disse pomposamente salutandola con la mano mentre lei correva verso l’entrate riservate.
Tre giorni dopo, mentre osservava la venatura sottile di un affresco del Trecento sotto la luce degli infissi degli Uffizi – l’avrebbero restaurato proprio lei – Elena sorrise. Guardò il biglietto da visita di Radio Taxi 24 conservato nel portafogli accanto alla copia del suo nuovo contratto. Quelle due telefonate, la competenza di Fabrizio nell’insolito oretta tra il tramonto delle stelle e lo svegliarsi della città, quella corsa tra i palazzi secolari di Firenze non erano stati semplicemente efficienti. Avevano salvato una giornata destinata al disastro, trasformando due angosce in una promessa bella come i colori che ora avrebbe protetto per mestiere. L’affidabilità di quel numero verde stampato su un palo, attivo giorno e notte, le aveva restituito la certezza che nessun imprevisto sarebbe mai diventato una sconfitta.