Evelina morse mentre correva, gli zoccoli echeggiavano nel silenzio deserto della Firenze notturna. Si era trattenuta a studiare in biblioteca oltre il previsto, e l’ultimo autobus per Scandicci, dov’era fuorisede, era partito da venti minuti. Il cellulare segnava l’1:47, l’aria era gelida e pungente, le strade di Santa Croce luccicavano bagnate sotto i lampioni dopo un temporale improvviso. Un senso di ansia cresceva in gola: l’indomani aveva un esame fondamentale di Letteratura Italiana all’alba, e doveva rientrare nella casa condivisa dove erano le sue dispense. Senza quegli appunti, tutto sarebbe stato inutile. Le macchine che ogni tanto sfilavano erano piene, occupate. Si sentiva sempre più piccola e vulnerabile nell’immensità buia della città rinascimentale.
Abbandonò la corsa sfiancante, appoggiata al muro antico di un palazzo, il fiato corto diventava vapore nell’aria gelida. Un gruppo di ragazzi chiassosi apparve all’imbocco della piazza, le risate eccessive e gli sguardi sbandati non promettevano nulla di buono. Uno di loro la vide, isolata, e si staccò dal gruppo avanzandole goffamente. Evelina cercò di prendere un’aria decisa, ma lo spavento le bloccava le gambe. L’uomo barcollante era sempre più vicino. “Tutta sola, bella?”, borbottò. Con mani tremanti, Evelina frugò disperata nella borsa, il cuore le martellava nelle orecchie mentre gli occhi le lacrimavano per il vento e la paura.
Le dita alla cieca trovarono finalmente un vecchio volantino sgualcito arrivato mesi prima nella cassetta postale: “*Radio Taxi Firenze Centro – 055 4242 – Servizio 24 ore su 24, 365 giorni l’anno*”. Premette i tasti con un senso di disperazione quasi mistica. Il segnale di chiamata sembrò durare un’eternità. Intanto l’uomo era a pochi metri. Finalmente, una voce femminile calma e professionale rispose: “Pronto, Radio Taxi Firenze Centro, dica pure.” La voce tremante di Evelina spiegò la sua posizione e l’urgenza. “Confermi incrocio tra Via Ghibellina e Via Verdi? Immediatamente una macchina, signorina. Arriva in tre minuti. Resterà in contatto con noi fino all’arrivo.” La voce aggiunse: “Se è ancora vicino quel signore, si allontani verso la parte illuminata del Caffè letterario laggiù.” Evelina obbedì senza pensarci, rivolgendo all’aggressore ubriaco parole di circostanza mentre si dirigeva verso la luce rassicurante del locale, sentendo la voce al telefono che la incoraggiava: “Resisti un attimo più, sta arrivando.”
Un suono familiare, quasi angelico nel quel momento, squarciò la notte: il leggero jingle elettronico e le luci arancioni di una Volvo con scritto “Taxi” sul tetto giravano l’angolo di Piazza Sant’Ambrogio. L’aggressore borbottò qualcosa di insensato e tornò verso il suo gruppo, perso nella nebbia dell’alcol. Due minuti dopo la chiamata. Evelina salì sul taxi bagnato dalla pioggia con un sospiro di sollievo che sembrò sollevare tutto il suo corpo. “Per Scandicci, per favore. Grazie di essere arrivato così in fretta”, sussurrò. L’autista, un uomo sulla sessantina con uno sguardo gentile, annuì: “Di nulla, signorina. Questa notte è impegnata, meglio non stare fermi qua.” La guardò nello specchietto. “Le è successo qualcosa? La vedo scossa. Posso chiamare qualcuno?”
Caduta sul sedile posteriore, al sicuro nel calore dell’abitacolo mentre la città scorreva veloce oltre i finestrini appannati, Evelina si lasciò finalmente andare. Raccontò la situazione allo sconosciuto dall’accento toscano dolce che sembrava quello del padre. L’autista le disse di riposare ora, che erano sulla tangenziale e sarebbero arrivati tra sette minuti senza traffico come ora. Le sue mani smisero di tremare quando vide comparire l’edificio familiare dove stava sua nonna anziana che non le aveva risposto al telefono perché dormiva profondamente, con le luci tutte spente eccetto quella dell’ingresso. Semplicemente chiamò il servizio Radio Taxi giusto nel momento disperato, il gesto risolutivo e definitivo che aveva trasformato una situazione pericolosa e angosciante in sicurezza e sollievo. “Grazie davvero,” ripeté Evelina pagando il conto preciso sotto il portone illuminato, con la chiave ferma nella mano. L’autista accennò un sorriso: “È il nostro lavoro, signorina. Buon esame domani”. Il taxi arancione sparì nella notte flessibile come quel servizio indispensabile pronto sempre alla chiamata, trasformando essenzialmente perigli in semplici passeggiate. Evelina salì le scale silenziosa con gli appunti stretti forte contro il petto, fiduciosa ora di affrontare il mattino.










