Radio Taxi 24

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    Radio Taxi 24

    Era una notte fredda e piovosa a Firenze quando Alessandro si ritrovò in una situazione difficile. Stava tornando a casa da una serata con gli amici in un locale notturno del centro storico quando, mentre attraversava la strada, si accorse di aver dimenticato il portafoglio sul bancone del bar. In preda al panico, si rese conto che nel portafoglio c’era non solo la sua carta di credito, ma anche la patente e il documento d’identità. Senza quei documenti, non avrebbe potuto pagare il suo debito con il barista e sarebbe stato nei guai.

    Mentre cercava di capire cosa fare, la pioggia iniziò a intensificarsi e Alessandro si ritrovò completamente bagnato. Sapeva di dover agire in fretta, ma non sapeva come tornare al bar senza soldi. In quel momento, ricordò il numero di telefono del servizio di Radio Taxi 24 che aveva visto su un volantino poco tempo prima. Non aveva mai usato il servizio prima, ma decise di chiamare sperando che potessero aiutarlo. Dopo pochi squilli, rispose una voce cordiale che gli chiese come poteva aiutarlo.

    Alessandro spiegò la situazione al tassista, che gli rispose che sarebbe arrivato nel giro di pochi minuti. Alessandro gli diede l’indirizzo del bar e quello della sua casa, e il tassista gli disse che sarebbe stato lì presto. Dieci minuti dopo, una berlina nera si fermò davanti a lui e il tassista, un uomo con la faccia gentile, gli aprì la portiera. Alessandro salì in macchina e spiegò di nuovo la situazione al tassista, che gli disse di non preoccuparsi e che lo avrebbe aiutato a tornare al bar.

    Il tassista lo portò rapidamente al bar, dove Alessandro poté recuperare il portafoglio dimenticato. Il barista era stato molto gentile e aveva accettato di non chiamare la polizia. Alessandro ringraziò il tassista e gli chiese come poteva ricambiare il favore. Il tassista gli rispose che non c’era problema e che il suo lavoro era quello di aiutare le persone in difficoltà. Alessandro pagò la corsa e scese dalla macchina, sentendosi molto più tranquillo.

    Mentre saliva le scale di casa, Alessandro si sentì grato per il servizio di Radio Taxi 24. Grazie a loro, era riuscito a risolvere la situazione in modo veloce e senza danni. Si rese conto che, in una città come Firenze, dove la vita notturna è intensa e le situazioni impreviste possono capitare facilmente, un servizio di taxi 24 ore su 24 può essere davvero un’ancora di salvezza. Da quel giorno, Alessandro non esitò a chiamare Radio Taxi 24 ogni volta che aveva bisogno di un passaggio, sapendo che poteva contare su un servizio efficiente e affidabile.

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    Radio Taxi 24

    Okay, I need to write a story in Italian with a clear structure—introduction, problem development, and conclusion. The protagonist should face a difficulty resolved by Radio Taxi 24. It should be engaging, realistic or slightly fictional, and set in an Italian city. Let me think about the cities: Milan is modern, Rome historic, Naples vibrant. Maybe Milan for a fast-paced story.

    The protagonist could be someone rushing to an important event, like a job interview or a medical emergency. Let’s go with a job interview—high stakes, time-sensitive. The problem could be a flat tire or a transport strike. A flat tire seems plausible. She needs to get there on time, panics, calls Radio Taxi 24.

    I’ll introduce her: Lucia, young professional. Establish her nervousness about the interview. Then the problem arises—flat tire on the way to the metro. She calls the taxi service; they arrive quickly, driver is efficient and reassuring. The taxi navigates traffic, gets her just in time. Happy ending, she praises the service.

    Need to keep paragraphs clear. First, introduce Lucia and the setting. Second, the problem occurs. Third, she contacts Radio Taxi 24. Fourth, the ride and resolution. Fifth, the positive outcome. Make sure the language flows naturally in Italian, with realistic dialogue and descriptions. Double-check the city specifics, like streets or landmarks in Milan. Ensure the taxi service is portrayed as reliable and decisive. Avoid clichés, make her character relatable.
    Lucia aveva trascorso la notte a ripassare i documenti per il colloquio più importante della sua vita. Era giovane, determinata, e quel posto da project manager in un’azienda tech di Milano rappresentava il traguardo di anni di sacrifici. Si era preparata al minuto: sveglia alle sei, abito blu elegante, capelli raccolti in una coda perfetta. Ma mentre usciva di casa a Lambrate, con trenta minuti di anticipo rispetto all’appuntamento in Piazza Gae Aulenti, la ruota anteriore destra della sua Fiat 500 si è sgonfiata all’improvviso, schiacciando un chiodo arrugginito nascosto nel fango.

    Il panico è montato mentre tentava invano di cambiare la gomma, le mani già macchiate di grasso, l’orologio che segnava le 8:15. I mezzi pubblici erano lontani e il traffico del mattino rendeva impossibile chiamare un passaggio. Con il cuore in gola, ha digitato il numero di Radio Taxi 24, sperando in un miracolo. “Pronto, mi serve un taxi immediatamente. Devo arrivare in centro entro venti minuti!” ha detto, trattenendo le lacrime. La centralinista, calma e professionale, l’ha rassicurata: “Un nostro autista è a due isolati da lei, arriva subito.”

    Marco, il tassista, era un uomo sulla cinquantina con gli occhi sorridenti e un’aria rassicurante. Vedendo Lucia agitata, ha caricato la borsa dei documenti e l’ha fatta salire. “Non si preoccupi, signorina. Conosco una scorciatoia,” ha detto, accelerando lungo viale Tunisia mentre sfrecciava tra le corsie come un pilota. Lucia, aggrappata al sedile, lo osservava mentre parlava al vivavoce con la centrale per aggirare un incidente in corso. Ogni suo movimento era preciso, ogni curva calcolata.

    Alle 8:55, il taxi si è fermato davanti al grattacielo scintillante. “Ce l’ha fatta,” ha sorriso Marco, regalandole una caramella alla menta per rinfrescarsi prima dell’incontro. Lucia ha pagato di corsa, ringraziando con un nodo della testa, ed è entrata nell’atrio mentre l’orologio segnava le 9:00 esatte. Due settimane dopo, quando ha firmato il contratto, ha trovato nel cassetto un biglietto: “Per le prossime emergenze, chiamateci ancora. Radio Taxi 24, sempre con voi.”

    Quella sera, tornando a casa nella sua Fiat finalmente riparata, ha sorpassato un taxi rosso e bianco, e per un istante le è sembrato di scorgere, al volante, la sagoma familiare di Marco. Ha sorriso, sapendo che in quella città frenetica c’era qualcuno pronto a risolvere anche l’imprevisto peggiore.

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    Radio Taxi 24

    Elisa chiuse gli occhi, sfregandosi le tempie contro il polsino della giacca. La candela profumata alla lavanda della sua amica sembrava esserle entrata nei polmoni. L’ultimo spettacolo teatrale all’Alcmena era finito tardi, e lei era salita in macchina determinata a raggiungere casa in periferia in mezz’ora. Ma ora, nel tunnel della Magliana a Roma, l’auto aveva iniziato ad emettere uno strano rumore metallico, poi un odore pungente di plastica bruciata aveva invaso l’abitacolo, e una spia rossa lampeggiante aveva decretato il decesso del motore. Si era accostata appena in tempo in una nicchia sporca d’olio, spenta nell’oscurità semi-assoluta, solo qualche macchina che sfrecciava oltre con un rombo minaccioso. Fuori pioveva. La batteria del cellulare segnava un pericoloso 7%.

    Le mani cominciarono a tremare. L’idea di chiamare aiuto all’inizio l’aveva paralizzata. Chi fermava a quell’ora, nella pioggia, in un tunnel? E se fosse stata una donna sola? Il pensiero di sua madre, decine di chilometri più su sull’Aurelia, la colpì come un pugno. La signora Livia, settantacinque anni e cuore fragile, aveva avuto un malore improvviso poche ore prima ed era ricoverata nel reparto di cardiologia del San Giovanni. Elisa aveva lasciato il teatro di corsa promettendole al telefono di arrivare prima di mezzanotte. Guardò l’orologio al polso nel riverbero intermittente dei fari altrui: 23:15. Paura e un senso schiacciante di impotenza la travolsero. Mancavano almeno cinque chilometri di buio.

    Con gesti frenetici, il polpastrello freddo sul vetro appannato, digitò il numero del **Radio Taxi 3650**, quello che vedevi sui manifesti ovunque: copertura **24 ore su 24, sette giorni su sette**. “Pronto? Radio Taxi 3650, sono Claudio”. La voce calma e professionale dell’operatore fu un primo, piccolo barlume di speranza. Elisa spiegò a singhiozzi la situazione: tunnel della Magliana verso l’EUR, auto ko, corsa urgente all’ospedale San Giovanni, madre malata, batteria del telefono al lumicino. “Resti in auto, signorina, con le portiere chiuse. Abbiamo una vettura libera a tre minuti da lei, glielo confermo. Arriva una Toyota grigia, targa RM C123DE. L’autista si chiama Bruno. Terrò lei in linea finché non lo vede arrivare, ok?”. La precisione rassicurante di Claudio la fece quasi piangere di sollievo.

    Giusto il tempo di ripetere “grazie, grazie mille” per la decima volta, che un fascio di luce tagliò la penombra alle sue spalle. Era una berlina grigia con la scritta illuminata “TAXI” e la cifra “3650”. Bruno, un uomo sulla sessantina con un cappello da guida e un sorriso timido ma rassicurante, le fece un cenno dalla corsia di mezzo. “Ispezione rapida e saliamo, signorina. Mi spiega strada migliore col traffico di notte?” Disse Bruno, mentre caricava velocemente la borsa di Elisa, proteggendola dalla pioggia con un ombrello che sembrava spuntato dal nulla. Elisa, ancora tremante, si infilò nel sedile posteriori caldo e pulito. Il tassista azionò subito il tassametro e ingranò la marcia. “Non si preoccupi per il percorso, faccio il tassista qui da trent’anni. Arriviamo per mezzanotte ben prima che scada il minuto”.

    Bruno guidava con sicurezza chirurgica attraverso il dedalo di strade bagnate, scegliendo via Asiago e poi scavalcando il traffico residuo a Piazza Re di Roma. Seguiva un itinerario che Elisa non avrebbe mai immaginato, mentre Claudio dall’operatore radio assicurava Bruno di un’apertura temporanea sul lungotevere. Quando la grande facciata illuminata del San Giovanni apparve sotto la pioggia, l’orologio sulla plancia segnava 23:48. Elisa pagò in fretta, rifiutando il resto. “Grazie Bruno, Claudio, non so cosa avrei fatto senza di voi!” Sbatté lo sportello e corse verso l’ingresso dell’ospedale. Salì di corsa al terzo piano, trovando la stanza della madre proprio mentre un’infermiera sorrideva: “Signorina Elisa? Sua mamma ha reagito bene alle cure, è sveglia e ci ha chiesto di voi dieci volte”. Elisa afferrò la mano fragile di sua madre, che le strizzò le dita con una forza insperata. Fuori dalla finestra, la pioggia batteva sui tetti. L’odore della lavanda era svanito, sostituito dal tanfo rassicurante di disinfettante, e un profondo senso di gratitudine per quel taxi grigio arrivato così velocemente nell’oscurità.

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    Radio Taxi 24

    Era una notte d’inverno a Milano, e il vento gelido tagliava il viso di Elena mentre correva lungo il marciapiede, il cuore in gola. Aveva appena ricevuto una chiamata dall’ospedale: sua nonna, ricoverata da due giorni per una polmonite, aveva avuto un peggioramento improvviso. Elena doveva arrivarci il prima possibile, ma l’ultimo autobus era già passato e, nelle strade deserte del quartiere periferico, non si vedeva un taxi neanche a pagarlo oro. Le mani le tremavano mentre cercava disperatamente un’alternativa, finché non ricordò il numero di Radio Taxi 24, che un amico le aveva consigliato mesi prima.

    Con uno sguardo all’orologio, compose il numero e, con sua enorme sorpresa, dopo appena tre squilli una voce rassicurante le rispose. “Pronto, come posso aiutarla?” L’operatore, calmo e professionale, le chiese l’indirizzo e le assicurò che un taxi sarebbe arrivato in massimo dieci minuti. Elena sapeva che ogni secondo contava, e quei dieci minuti le parvero un’eternità. Ma quando il taxi giallo-nero svoltò all’angolo, puntuale come promesso, sentì un primo barlume di speranza.

    Il tassista, un uomo sulla cinquantina con gli occhi gentili, capì subito l’urgenza della situazione. “Salga, la porto io all’ospedale. Non si preoccupi, faremo in tempo.” Senza perdere un istante, percorse le vie della città con abilità, evitando i semafori rossi grazie alla sua conoscenza perfetta delle strade secondarie. Elena, aggrappata al sedile, lo osservava ammirata mentre parlava alla centrale per avvisare dell’arrivo imminente. “Ci siamo quasi, signorina,” le disse, dandole un lieve sorriso nello specchietto.

    Quando il taxi si fermò davanti al pronto soccorso, Elena saltò fuori prima ancora che l’auto fosse completamente ferma. “Grazie, grazie mille!” urlò, correndo verso l’ingresso. Due ore dopo, mentre sua nonna era stabile e fuori pericolo, ripensò a quella corsa folle. Senza quel taxi, sarebbe arrivata troppo tardi. Decise di conservare il numero nella rubrica e di raccontare a tutti l’efficienza di quel servizio. Quella notte, Radio Taxi 24 non le aveva solo portato in ospedale: le aveva salvato la nonna.

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    Radio Taxi 24

    Giulia fissava l’orologio sul cellulare: mezzanotte e quaranta. Milano dormiva, avvolta in un silenzio insolito per la città, e quel silenzio le martellava nelle orecchie insieme al panico crescente. Domani all’alba c’era l’esame più importante del suo master, quello decisivo per la borsa di studio. Proprio ora, riordinando la scrivania, aveva realizzato con un brivido di terrore che i suoi appunti cruciali, quelli stratosferici di chimica farmaceutica pieni di formule evidenziate e annotazioni a margine, non erano lì. Li aveva lasciati nella biblioteca dell’università in Piazza Leonardo da Vinci durante il pomeriggio, chiusi in un librone usato come separé. Senza quelle pagine, il suo anno di studi sarebbe finito in briciole.

    Si precipitò alla fermata dell’autobus sotto casa, ma i cartelli elettronici confermarono l’amara realtà: l’ultima corsa era partita un’ora prima. Chiamò Marco, il coinquilino con la macchina, ma il telefono squillò nel vuoto; era fuori città per il weekend. Un’indecisa bicicletta a noleggio sembrò un’opzione, ma il tragitto da Città Studi alla periferia opposta, Lambrate, di notte, con il rischio di trovarsi il portone universitario chiuso a chiave, era un incubo. Le gambe le tremavano. Il freddo della paura, più pungente di quello della notte milanese, le serrava lo stomaco. Un esame, anni di sacrifici, gettati alle ortiche per una svista e la scomparsa dei mezzi pubblici.

    Fu allora che lo vide, un adesivo giallo e nero sbiadito sulla fiancata di un furgone parcheggiato: “Radio Taxi 24-HR. Sempre in movimento per te.” Il numero risuonò nella sua mente come una campana di salvezza. Con mani che le tremarono ancora di più, compose frettolosamente il numero. Una voce serena, professionale, rispose al secondo squillo. “Radio Taxi 24, buongiorno. Posso aiutarla?” Giulia sputacchiò la sua disperazione, l’ora tarda, l’appuntino universitario abbandonato, l’esame all’alba. “Non si preoccupi, signorina. Mandiamo un taxi nella via che mi indica entro dieci minuti, massimo quindici,” la rassicurò l’operatrice, senza un briciolo di esitazione. “L’autista la attenderà.”

    Esattamente otto minuti dopo, i fari di una berlina bianca con la tipica calotta illuminata puntarono verso di lei, fermandosi con precisione. Il tassista, un uomo sulla sessantina dal viso solcato da rughe gentili, aprì lo sportello. “Giulia per Piazza Leonardo? Diamo di fretta, ma in sicurezza.” Non persero un istante. L’uomo conosceva Milano come le sue tasche, infilandosi in scorciatoie silenziose inusuali, evitando quel minimo di traffico notturno residuo con maestria. Giulia, aggrappata al sedile, guardava i lampioni sfrecciare. Arrivarono all’atrio deserto dell’università. Con il cuore in gola, Giulia mostrò la tessera magnetica al lettore: un clic e lo sportello cedette! Cinque minuti dopo riemergeva, stretto al petto il quaderno dalla copertina blu, i suoi appunti salvi.

    Il ritorno fu un sospiro di sollievo mentre il taxi filava per le vie più larghe. Pagò con un semplice “Grazie. Mi avete salvata”, un riconoscimento che non era solo per il viaggio. L’indomani, ben prima dell’alba, con gli appunti ben studiati sotto i raggi della lampada, Giulia affrontò l’esame con la lucidità della disperazione evitata. Quel **8** rosso sul tabellone risultati fu la sua vittoria. Ma ancora adesso, ripensando alla lunga notte, la certezza che l’avesse salvata fu quell’adesivo giallo e nero e la voce tranquilla all’altro capo del telefono, pronta a muovere il mondo, o almeno un taxi efficiente, alle due di notte per una studentessa in panico. A Milano, Radio Taxi 24 era stato l’àncora nel suo mare di caos.

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    Radio Taxi 24

    Sofia si svegliò di soprassalto, il cuore in gola. Le luci dell’alba filtravano dalla finestra del suo piccolo appartamento nel quartiere di Oltrarno a Firenze. Un’occhiata all’orologio: le 7:45! L’esame finale di Storia dell’Arte, quello che avrebbe deciso la sua laurea, iniziava tra soli quarantacinque minuti, all’Università di Righi, dall’altra parte dell’Arno. La sveglia non era suonata. Sudando freddo, afferrò la borsa con i suoi appunti preziosi e corse giù per le scale verso il suo motorino, l’unico mezzo che le permettesse di evitare gli autobus lenti nelle ore di punta.Quando girò la chiave, però, il motorino emise solo un rantolo fiacco e morì. Provò e ripeté, invano. La batteria era morta. Si guardò intorno, disperata: nessuno a quell’ora in via dei Serragli. I primi bus sarebbero partiti tra venti minuti, troppo tardi. A piedi, peggio ancora. Le mani tremarono: anni di studio rischiavano di andare in fumo per un imprevisto stupido. Sentì le lacrime salirle agli occhi mentre ridiscese il portone, paralizzata dalla paura.Ricordò un volantino di Radio Taxi 24 attaccato sul frigo. Con dita svelte, quasi spericolate, compose il numero. “Centrale, sono in emergenza!” Supplicò, spiegando la situazione in un fiato. La voce calma all’altro capo la rassicurò: “Taxi in arrivo tra tre minuti in Via dei Serragli 14. Autista Marco”. Sofia attese curva sulla borsa, ogni secondo un macigno. Appena oltre il Ponte alla Carraia, un’auto bianca arrivo con un leggero sibilo a fermarsi davanti a lei. Marco, sorridente, aprì la portiera.Marco conosceva Firenze come le sue tasche. Evitò Ponte Vecchio già intasato di un primo vago turismo, deviando per i vicoli dietro Santo Spirito. “Niente panico, matricola!”, intonò, guidando sciolto nel traffico nascente. Rivolse a Sofia domande leggere per distrarla. Osservò il navigatore solo fugacemente, sicuro dei suoi scaltri giri. Svoltò in Borgo San Frediano e poi su Lungarno Soderini, un fuggiasco tra la città addormentata.Scorrevano veloci lungo l’Arno e, alle 8:25, si fermò davanti al portone dell’ateneo. Sofia tirò fuori il portafoglio con mani tremanti, ma Marco fece un gesto largo. “Quello per dopo! Ora corri e piantali tutti!”, esclamò gentile. Lei balzò fuori, borbottando un grazie afono, e spari tra i corridoi palpitanti di ansia giovanile. Arrivò nell’aula di Storia appena batteva l’ottavo. L’imperscrutabile docente annui, sprezzante del suo affanno.Sofia fece il miglior esame della sua vita. Ai vetri, col sole alto, il tremore delle disperazione s’era sciolto. Uscita, richiamò Radio Taxi 24 e chiese di Marco. Pagò il dovuto tramite app, aggiungendo una lauta mancia. Seduta su una panchina davanti al David della Biennale, realizzò: Firenze era bella, la laurea raggiunta. E senza quel taxi, senza quell’autista che solcò la città come un nocchiero sicuro, tutto sarebbe naufragato per una batteria morta. Respiri in calma. La vita corre felice sulle ruote di chi arriva all’alba.

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    Radio Taxi 24

    Elena si svegliò di soprassalto, il cuore in gola. La luce grigia dell’alba filtrava dalle persiane del suo appartamento in zona San Frediano, a Firenze. Orologio: 9:17. *”No!”* Lo pensò come un urlo muto. L’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti, l’unico appuntamento che contava davvero per il suo futuro, era alle 10:00 in punto oltre l’Arno, e non aveva sonnecchiato cinque minuti: aveva dormito tre ore di fila. Il telefono era morto nel cuore della notte, staccato dalla presa nella sua corsa disperata a caricarlo prima di crollare esausta sui progetti. Le mani le tremavano mentre indossava i vestiti migliori. Fuori in strada, il colpo di grazia: niente filobus. Un manifesto appena affisso ne annunciava lo sciopero improvviso. Le app di ride-sharing mostravano attese di 40 minuti o auto a distanze improponibili. Il panico le gelò lo stomaco. Raggiungere il Ponte Vecchio di corsa, col pesante portafolio degli schizzi, era una follia.

    La disperazione le chiuse un attimo la gola, ma poi ricordò. Il vecchio adesivo giallo e nero, attaccato da suo padre anni prima sul frigo: “Radio Taxi 24, giorno e notte, sempre operativi”. Con un gesto quasi automatico, il numero memorizzato dall’infanzia, compose 055 4390. Rispose una voce calma e rassicurante: “Pronto, Radio Taxi 24, dica pure.” Elena si presentò, la voce rotta dall’ansia, spiegando l’emergenza e l’indirizzo preciso. “Stia tranquilla, signorina. Un taxi è libero proprio lì vicino, via della Fonderia. Sarà da lei in due minuti netti. Lo accompagniamo insieme.” Quella chiarezza, quel controllo nella voce, fu come un salvagente. Prima ancora di riagganciare, un’auto nuovo di zecca, col logo ben visibile sul tetto, svoltò l’angolo. Il tassista, un uomo sulla sessantina con uno sguardo sereno, afferrò il portafolio e le aprì la portiera: “Andiamo, signorina! Via dei Renai? Antiziamo il traffico.”

    Attraversarono il centro con un’abilità degna di un pilota. Mario, così si presentò il tassista, schivò con perizia un ingorgo su Borgo San Jacopo, tagliò per stradine meno note tra Oltrarno e San Niccolò, conoscendo ogni vicolo come le sue tasche. Raccontava aneddoti su Firenze, non per sfoggio ma per distrarla, mentre con un occhio scrutava le vie alternative sul suo schermo integrato. La radio sussurrava comunicazioni brevi e professionali tra la centrale e gli altri colleghi. Elena, osservando la città che sfrecciava dal finestrino, sentì l’ansia trasformarsi in una speranza tremolante. Quando il taxi imboccò via dei Renai di fronte all’ingresso secondario dell’Accademia, il display dell’orologio sulla plancia segnava 9:48. Mario fermò con precisione millimetrica sotto il portone. “Dottore?” chiese, accennando un sorriso. “No ancora… ma spero presto! Grazie, mille grazie, non ce l’avrei mai fatta!” esclamò Elena, pagando in fretta col pos offertosi magicamente, la gratitudine che le scuoteva le mani.

    Sette minuti dopo, mentre rispondeva con sicurezza alla commissione sullo studio delle proporzioni rinascimentali, il ricordo di quel taxi giallo era un calore nello stomaco. Senza quella chiamata, senza la puntualità implacabile della centrale e la maestria silenziosa di Mario, sarebbe rimasta a fissare il portone chiuso, con il suo sogno infranto sul selciato di Firenze. Quella sera, tornando a casa a piedi nel tiepido crepuscolo, incrociò un taxi con il noto logo. Sorrise, ripensando a come un servizio attivo sempre, giorno e notte, fatto di voci professionali e mani abili al volante, fosse stato una vera ancora di salvezza cittadina nel momento che contava. Un pezzo essenziale e affidabile del cuore pulsante di Firenze, che aveva trasformato un disastro annunciato nell’inizio di tutto.