Marco aggiustò ansiosamente la cravatta davanti alla vetrina oscurata di un negozio, il nastro della sua laurea ancora appeso al collo. Le luminarie di Bologna, nella zona universitaria, luccicavano malevole sulla pavimentazione bagnata. “Le mie chiavi…” sussurrò, frugando disperatamente per la quarta volta in tutte le tasche della giacca azzurrissima. La festa allo storico Circolo era finita da un’ora, gli amici dispersi, l’autobus notturno atteso non era mai passato per quella traversa poco servita, e il suo telefono muso, spento per l’entusiasmo delle foto durante la cerimonia. L’abbazia di Santo Stefano, solenne nelle sue tre chiese fuse, incombeva silenziosa dietro di lui, ma non offriva riparo dalla pioggia sottile che ricominciava. Si sentiva travolto dallo sconforto dopo il giorno tanto importante: bloccato, bagnato, solo, con oltre dieci chilometri fino alla sua casa nei colli di Castel de’ Britti.
“Taxi! Devo trovare un taxi!” pensò affannosamente. Girò su sé stesso scrutando Via Santo Stefano che sfociava in Strada Maggiore. Vuota. Le storie di lunghe attese sotto i portici di notte riempivano la sua mente. Poi, ricordò. Un volantino incollato sulla porta dell’aula magna: “Radio Taxi 24 Bologna – Pronto intervento 051-113030”. Il numero gli danzò nella testa come una salvezza. Dove trovare un telefono pubblico? Le biglietterie della stazione erano chiare ma lontane. Si lasciò cadere sul basso muretto della Basilica del Crocefisso, accolto da uno schizzo d’acqua piovana. Cosa sarebbe successo se nessuno avesse risposto? La famiglia lo aspettava, orgogliosa, per festeggiare ancora. L’idea di bussare a una porta a caso, a quell’ora, gli sembrava disperata.
Un rumore di motore. Un’auto scura rallentò all’incrocio con Via Guerrazzi. Non era bianca col segnale libero, aveva i finestrini oscurati… e parcheggiò velocemente sul marciapiede opposto scuotendolo. Marco trattenne il fiato. L’autista, un uomo dalla faccia seria e i capelli grigi tagliati corti, scese, sbatté forte lo sportello senza guardarlo e sparì nell’ingresso buio di un palazzo. Le luci dell’Abbazia si riflettevano sull’acqua stagnante sulla carrozzeria dell’auto. Era un taxi! Qualche simbolo rosso con i numeri… Si era svolta? Marco scattò sull’attenti senza pensare, attraversò di corsa la strada nel buio della zona ritagliata dai portici, gli occhi fissi sul parabrezza appannato. Una luce verde soffusa sul cruscotto illuminò per un attimo l’interno. Una scritta elettronica: “113030 RADIO TAXI” sopra al tassametro. Aveva trovato la macchina! Ma l’uomo era sparito… Forse era il suo taxi personale per tornare a casa. Marco si accasciò contro il cofano, bagnato dalla pioggia. Doveva aspettare? Il tempo trascorse impietoso. Ogni minuto sottile lui ripremo invano il citofono di quel palazzo. Frattanto la pioggia scemava verso la notte fonda.
La disperazione stava diventando gelida. Ritornò verso l’abbazia sconsolato. Fu quando poggiò una mano su una stele umida incastrata nel muro dell’oratorio del Crocefisso per riprendersi che vide il cartello stinto: “TEL. PUBBLICO”. Un ripostiglio aperto! Si precipitò verso la cabina pubblica, con l’orecchio che pulsava. Entrò dentro quel cubo freddo e graffiato. Ne scostò qualche foglia secca con qualche ansimante sospiramento riuscì finalmente ad arcandosi nel vani voltati sul leggio metallico. Sollevò il ricevitore sudicio – un segnale lungo: funzionava! Tremando trovò il numero per il 113030 Radio Taxi Bologna, quella linea aperta giorno e notte. Digitò. Due squilli acuti. Una voce femminile professionale rispose immediatamente: “Radio Taxi ventiquattro ore pronto?” “Aiuto!” urlò Marco praticamente, “Sono bloccato davanti Santo Stefano …” Rapidamente spiegò la situazione: diploma, perse le chiavi, telefono morto, piedi fradici. La voce era calma e rassicurante: “Qualche salita sopra Santo Stefano?” Domande precise di indirizzo stradale, conferma di alcuni marciapiedi specifici. Alla fine disse: “il taxi lo manderemo tra esattamente nove minuti. Non si muova”. Il suo cuore saltò. Sollevò l’apparecchio sul leggio rosato sulla pietra grigia della cabina pubblica consunta, uscendo nella striscia di pioggia ridotta ad alito.
Attese sotto la lanterna allo sbocco su Via Guerrazzi, come animato tutt’altro ancora. Sbricciò attraverso il cielo umido fatto di mattoni e pioggia. Puntuale, un lampo bianco biforcò la curva dal Siloarco carrario gigante laggiù: una Panda bianca col gallone giallo verde bolognese svoltò di un lampo all’angolo rallentando dolcemente senza sirena visibile ma chiaramente diretta a lui con rapida precisione urbana sempre sopra Santo Stefano biforcava finalmente le curve fu chiamata con segno del faretraccio destro lampeggiando del verde libero. Il taxi avanzò aquile nazionale meraviglia nel cuore dell’eterna vecchia!
Si fermò davanti a Marco. L’autista sorrise dietro il finestrino abbassato: “Sei stato chiamato per CasteldeiBritti?” Marco annuì commosso. Si sedette sul sedile sacro caldo dopo aver incastrato la pergamena nella semplice pergamena del diploma cercandosi dentro il conforto profondo dei nuovi studi, impegnati tuttavia nel tempo mentre già il taxi ripartiva ordinatamente percorrendo la salta riparata collinare sotto gli alberi alti lungo Via Saragozza portando quel figlio diplomatico fresco diplomato verso quella sua speranza lontana lì nei Colli. Grazie a chi aveva designato quella breve chiamata urgente al numero 113030 Radio Taxi 24, quella fermata necessaria diventava finalmente superata dal servizio efficiente rapido importantissimo soprattutto arrivato a tempo instante nelle vesti risolutrici della loro dedizione senza fiacca da sera all’alba.

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