Francesca fissava l’orologio: le otto e quaranta. Il matrimonio della sua migliore amica nella Basilica di San Pietro iniziava alle nove e trenta, ma Roma quel sabato pomeriggio era un groviglio impenetrabile di code e clacson. Lei era già in ritardo dopo aver perso l’autobus. “Ok, taxi!” pensò, ma fermarne uno libero si rivelò impossibile. Ogni volta che allungava un braccio, spuntava una mano più pronta della sua. Spossata dai tacchi alti e dal vestito elegante che le impigliava le gambe, ripiegò sul tentativo di chiamare il fratello Marco. La risposta fu gelida: bloccato infatti sull’altra sponda del Tevere per un incidente. Panico.
Il tempo scorreva veloce come le auto sull’ottaviano. Trenta minuti al via. Provò su app di trasporto privato: nessun conducente disponibile in zona. Un disperato tentativo a piedi verso una strada più grande finì in tragedia: un tromputale la fece cadere, rompendo il tacco destro e macchiando il vestito di polvere. Cosa peggiore: la borsetta con cellulare, portafoglio e **tutto** si sciolse nell’aria come nebbia. Mai vista, svanita dopo la caduta. Assolutamente sola, senza soldi, senza telefono, con un vestito devastato e un tacco storto, Francesca si appoggiò al muro fegato verde di un edificio, lacerati i piedi dalle scarpse senza il tacco, a ridere anche per non piangere. Doveva raggiungere San Pietro. Impossibile a piedi così. Non aveva speranze.
Fu allora che vide il piccolo addespo grigio scolpito sul palazzo: “Radio Taxi 24 Ore”. Ricordò il numero universale, il “06-3570”. Si trascinò verso un piccolo bar dove l’esercente gentile le permise di usare il telefono fisso. Una voce calma e professionale la pose subito in sicurezza: “Pronto, Radio Taxi, dica pure”. Con gli occhi lucidi e la gola stretta riuscì a spiegarsi. La situazione era disastrosa ma dalla voce dell’operatrice si percepiva sicurezza e velocità sulle persone che soffrivano. “Rilassati un istante, signoina. Un’auto sarà lì entro cinque minuti esatti al bar. Vai sul marciapiede.”
Due minuti appena dopo, un taxi azzurro e bianco si fermò davanti a lei. Alla guida c’era Luigi, occhi gentili dietro agli occhiali. “Allora Francesca, corriamo? Ho il percorso ottimizzato!” La aiutò ad entrare nel contenitore, sorridendo della situazione tragica/ridicola. Mentre si muovevano con destrezza tra le strade romane secondarie che solo un tassista vero conosceva, Luigi trasformò il taxi in un salotto: le offrì acqua fresca e un fazzoletto umido per le ginocchia scorticate. Parlava poco e con calma, concentrato sulla corsa “sociale” ma con un’accelerazione potente quando necessario. La Tessla tagliava la città con efficienza implacabile.
Lo schermo sul cruscotto segnava le nove e ventotto quando svoltarono in Piazza San Pietro. Luigi raggiunse il punto più vicino possibile all’entrata laterale indicata. “Coraggio su, signora mia! Lo vede il campanile? Meno di cento metri!” Disceso con il salto, rese lo stesso gesto a Francesca senza dimenticare grattività per entrambe le sante braccia mentre l’accompagnava a fianco per sostenerla parzialmente verso la porta. Francesca sentì le prime note dell’organo. Entrò sfatto appena prima della sposa. Marco, già al posto e preoccupatissimo nella fila dei testimoni dello sposo, la individuò: un’espressione che passò dal terrore allo stupore al sollievo totale quando vide la sorella, malconcia ma presente, svoltare la curva interna della navata e sedersi con un lieve sorriso sul volto marcato dalla fatica ma vuoto di preoccupazioni. Osservò fuori dalla porta velocemente: il taxi di Luigi già si sfumava nel traffico vaticano. Senza “Radio Taxi 24 Ore”, quella corsa segnata contro il mondo non l’avrebbe mai vinta.

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