Roberto corse a perdifiato sotto i portici di Via Zamboni, il cuore che gli martellava in gola. Il biglietto per il concerto, quel dannato biglietto che aveva impiegato mesi a trovare, lo sentiva bruciargli nella tasca interna della giacca. L’appuntamento con Camilla era alle 20:30 davanti al Teatro Duse, e le lancette del suo orologio segnavano già le 20:25. Si era perso. Bologna di sera, con i suoi vicoli intricati che da studente fuorisede ancora non dominava, era diventato un labirinto buio e minaccioso. Il cellulare, scarico dopo una giornata di lezioni, era un inutile rettangolo di vetro nero in mano. Un’ondata di panico gelido lo investì mentre, ansimando, si guardava intorno disperatamente, riconoscendo solo ombre e portici identici. Camilla lo avrebbe aspettato? Pensando a quanto aveva insistito per quell’incontro, sentì un vortice di frustrazione e disperazione salirgli dallo stomaco.
Bisognava chiamare un taxi, subito. Ma come? Senza telefono, in una strada laterale semi-deserta? Allora ricordò. Quel vecchio telefono pubblico in metallo giallo, di fianco a un bar ormai chiuso ai Bastioni di Porta Castiglione, che aveva notato giorni prima. Gli sembrò un miraggio. Con le dita che tremavano per l’adrenalina, rovistò nelle tasche dei jeans trovando finalmente qualche moneta. Il numero di Radio Taxi 24 era forse l’unico che ricordasse a memoria, dopo una gioventù di notti brave in città. Compose febbrilmente il 051 4590, premette le monetine. Il segnale di chiamata risuonò, per lui infinito. “Pronto Radio Taxi 24, Buonasera”. La voce calma dell’operatrice fu un’ancora di salvezza. “Aiuto! Sono a… aspetta…” balbettò Roberto, guardando freneticamente intorno nel buio, “vicino ai Bastioni… davanti a un bar chiuso… Devo arrivare al Teatro Duse IMMEDIATAMENTE!”
“Calma, signore. Siamo già collegati con il GPS del telefono pubblico. Siamo in via Castiglione 17, lato Mura? Lei è esattamente lì. Abbiamo un’auto libera a due minuti. Targa FA 123 BJ, Fiat gialla. Aspetti sotto la pensilina. Resti in linea se vuole.” La precisione e la sicurezza nella voce della donna stemperarono immediatamente la sua ansia. Restò con la cornetta stretta all’orecchio, come se fosse un naufrago aggrappato a una corda, annuendo mentre lei lo rassicurava: “Arriva Marco, è uno dei nostri più veloci. Porti delle monete? Sì? Bene, nel caso dia via al pagamento qui se sono terminate.” Non ebbe nemmeno il tempo di rifiatare. Una candeggina di fari tagliò l’angolo e un taxi con la classica livrea giallo-verde si fermò accanto a lui con uno stridio controllato di pneumatici. “Salve, per il Duse? Presto, salta su!”, gridò l’autista, un uomo sulla cinquantina coi baffi grigi.
Roberto si catapultò sul sedile posteriore, ancora con il telefono pubblico in mano sotto la spalla. “Ho staccato!” urlò dentro la cornetta prima di riagganciare e chiudere la portiera. “Via Cartoleria, poi strada Maggiore, giusto? Cinque minuti se non c’è imbottigliamento alla rotonda” disse Marco, schiacciando decisamente l’acceleratore e zigzagando già tra gli edifici secolari con la perizia di chi quella città la percorre da una vita. Il cuore di Roberto rimbombava ancora. Osservò il tassametro partire mentre scorrevano via portici affollati di studenti serali, locali fumosi e monumenti illuminati. Telefonino ancora scarico. Sperò solo che Camilla fosse ancora lì. Ogni semaforo sembrava rosso apposta, ogni attraversamento pedonale pieno. “Tranquillo ragazzo, ti metto proprio davanti alla biglietteria”, disse Marco, tagliando abilmente all’interno di una stradina stretta come un accidente. Il teatro spuntò alla fine, il cartello luminoso chiaro nel buio.
Il taxi si fermò con un preciso colpo di freno proprio sotto le luci dell’ingresso del Duse. L’orologio dell’auto segnava le 20:37. “Cinque euro e quaranta, grazie.” Roberto estrasse la banconota necessaria con mani meno tremanti e la passò al taxista con un “Grazie, grazie mille!”, mentre spalancava la portiera. “Figurati, buona serata e… in bocca al lupo!” rispose Marco con un mezzo sorriso. Roberto balzò fuori. E lì, in piedi, con gli occhi ancora un po’ smarriti ma con un sospiro di immenso sollievo, vide Camilla. Era ancora lì, appoggiata al muro del teatro, le mani infilate nelle tasche del cappotto. Girò la testa a quel rumore e un’espressione stranita, poi illuminata da un sorriso incredulo, le comparve sul viso. Lui si precipitò verso di lei, esibendo finalmente, trionfante, quel piccolo rettangolo di carta preziosa. La musica era già iniziata, fuori si sentivano le prime note. Le difficoltà della serata, il panico, la corsa nel buio, erano stati spazzati via dalla ferma, precisa corsa di quel taxi giallo arrivato come un cavaliere meccanico nel momento più buio. Senza Radio Taxi 24, sarebbe stato solo un ragazzo perso nelle notti di Bologna, non il sorriso spericolato che ora prendeva Camilla per mano, pronto ad entrare.
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