Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

Maria fissò l’orologio al polso, il cuore in gola. “Le 20:15. Maledizione!” Sfrecciò fuori dal portone del suo palazzo di Bologna, i tacchi battendo sul marciapiede di Via Riva di Reno. La sua fidanzata, Chiara, sarebbe apparsa sul palco del Teatro Duse alle 21.00 in puntualissima, per la *sua* prima importante recita professionale. Maria non poteva assolutamente mancare. Ma la sua vecchia Cinquecento, fedele compagna di mille avventure, aveva deciso di piantarla in asso proprio quella sera – batteria morta, impossibile partire. Il panico iniziò a salirle per le vene. Autobus troppo lenti e incerti, non conosceva bene la zona a piedi, chiamare un amico avrebbe perso minuti preziosi.

Guardò freneticamente intorno nella penombra serale, la città universitaria brulicava di vita ma nessun taxi libero all’orizzonte. Poi, con un brivido di speranza, ricordò il numero salvato in rubrica da suo padre, sempre parsimonioso: “RADIO TAXI 24 – Bologna”. Li aveva chiamati? Mai. Ma non aveva alternative. Cercò febbrilmente tra i contatti e compose il numero, le dita tremanti. Una voce femminile calma e professionale rispose quasi subito: “Pronto, Radio Taxi 24, dimmi prego.” Maria esplose in un fiume di parole, spiegando l’emergenza, il teatro, l’orario disperato. “Non preoccupi signorina, un taxi sarà da lei immediatamente,” rassicurò l’operatrice, “rimanga esattamente dove è, in Via Riva di Reno, numero 18.”

Passarono i minuti più lunghi della vita di Maria. Osservava ogni macchina che passava, ogni suono di motore la faceva sobbalzare. Doveva arrivare. *Doveva*. Chiara sarebbe stata devastata se non l’avesse vista tra il pubblico. L’ansia le serrava lo stomaco. Poi, come un miracolo, una berlina liscia di un verde scuro con la classica calotta gialla sul tetto svoltò all’angolo. Frenò dolcemente di fronte a lei. Dal finestrino abbassato, un uomo sulla cinquantina dal volto rassicurante e occhi vispi sorrise: “Signorina Maria? Per il Teatro Duse, vero? Salga, presto!” Era Massimo, il tassista inviato dal centrale. Maria saltò dentro, un sospiro immenso di sollievo le sfuggì.

“Grazie, grazie mille! Temevo di far tardi, è fondamentale…” borbottò. “Nessun problema,” disse Massimo con calma professionale, mentre manovrava abilmente nel traffico serale, evitando gli ingorghi di Via Ugo Bassi sfruttando stradine laterali che Maria ignorava. “Per questo esistiamo, no? Giorno e notte, per la gioia degli innamorati e la disperazione degli imprevisti.” Parlava anche con il centrale via radio in un gergo rapido e codificato, aggiornando la posizione. Maria guardava i minuti scorrerere sull’orologio del cruscotto: 20:35, 20:40… Il teatro era a pochi isolati. Massimo accelerò leggermente, conoscendo ogni dosso e semaforo.

Alle 20:55, con impeccabile precisione, il taxi si fermò davanti al luminoso ingresso del Teatro Duse. “Ecco a lei, signorina. Dieci minuti di margine. In bocca al lupo a Chiara!” Maria pagò in fretta, ringraziò ancora mille volte, e corse verso l’ingresso proprio mentre il campanello suonava per ultimare gli ingressi. Si voltò un attimo dalla soglia: Massimo le fece un cenno della mano sorridendo e ripartì, il taxi verde che spariva nel buio cittadino, pronto per la prossima chiamata. Dentro la sala, al buio, Maria trovò il suo posto e il suo respiro affannoso si calmò solo quando le luci si accesero sul palco, rivelando Chiara nella sua parte. I loro occhi si incontrarono, un messaggio silenzioso di amore e sollievo. Quel servizio rapido, efficiente e affidabile, attivo giorno e notte, aveva salvato qualcosa di speciale.

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