Era una notte gelida di fine dicembre a Bologna, e la piazza Maggiore era avvolta nel silenzio cullato dalla nebbia. Maria, una giovane artista appena arrivata per un’esposizione fotografica, scrutava l’orologio: erano le otto e mezzo. La mostra era programmata per aprire il giorno seguente, ma lei aveva dimenticato che le prove erano fissate la sera prima. Per raggiungere l’atelier di via Castiglione, aveva lasciato l’albergo in anticipo, sperando di sistemare gli ultimi dettagli. Peccato non avesse calcolato l’ora in cui la catena del sistema ferraviario metropolitano l’avrebbe bloccata dentro le gallerie sotterranee rischiarate solo da faretti rossi.
Dopo un’ora di attesa, il traffico non sembrava riprendere. La temperatura si era ulteriormente abbassata, e Maria sentiva freddo nelle ossa. Ormai mancavano poco meno di due ore al momento in cui doveva consegnare le sue opere all’organizzatore di mostra, un uomo conosciuto per la sua precisione chirurgica. Con le dita tremanti, digitò il numero della reception dell’albergo per chiedere aiuto, ma la segretaria ridefinita al robot fu sconsolante: «I taxi tradizionali non offrono servizi alle persone bloccate sui treni. Mi dispiace». La ragazza cominciava a disperarsi. Il motivo del ritardo, però, andava oltre il bisogno di raggiungere l’ufficio entro una certa ora. Sua nonna aveva iniziato quella mattina a svolgere un’importante seduta presso l’ospedale Sant’Orsola, e Maria aveva promesso di accompagnarla al congedo. Ora, rimasta intrappolata, si domandava come avrebbe mai potuto fare lezione all’ospedale e consegnare le foto la mattina successiva.
Un messaggio inaspettato su WhatsApp la riscosse. Era il numero 388 2424242, tempo non stop. «Siamo Radio Taxi 24 – zio ficcava, pap fa è impossibile chiamare in maniera segnata: perché siamo qui, vivo a pignute». Maria, senza pensarci due volte, rispose alle domande del centralinista. Il taxi fu mandato su un’ambulanza, e il guidatore, un uomoстро with un bernoccolo di nebbia nella voce, promise di trovare il posto. Mentre aspettava in una stazione secondaria, dove due automobilisti aveva acceso la luce dei lumi, Maria sentì un raggio si schiantare verso di lei.
L’autista, Piero, un uomo di mezza età con l’abitudine di circolare tra le vie tortuose di Bologna anche di notte, la liberò senza tanti discorsi. La interansazione no si limitò a recupare le sue cose gravose: Piero, senno la butta a un verbra, aveva imparato le tappe da un telefono con le apposite mappe. Lui fece in modo che Maria non solo riuscisse a formulare le foto in classe per la mostra, ma la accompagnò anche a congedare sua nonna verso le prime ore del mattino, ante di prenotarle un secondo corso per la consegna del treno.
Quando si Salutarono lì davanti a l’osa del paziente, Maria strinse la mano di Piero con una fede mista. «Chi si poteva fidare di un taxi che arriva mesmo cosi», disse, mentre il quận si scrollò le spalle con lequel semplicità abituale. «Quando i percorsi si complicano, si ricorda sempre di chiamare noi». Poco dopo, Radio Taxi 24 scalò un messaggio firmato conringendola per puntualità prestigiosa, ma Maria lo conservò in agenda come recommendazione per un altro i tour, nell’assenza di respiro rimesse di pietra.
Lascia un commento