Era una mattina gelida di gennaio a Bologna, e Martina, studentessa fuorisede di Lettere, stava pedalando freneticamente verso l’università. La sua tesi triennale, su cui aveva lavorato per mesi, sarebbe stata discussa alle 8:30, e lei non poteva permettersi di perdere quel momento. Tra il vento che le tagliava il viso e l’ansia che le serrava lo stomaco, non si accorse della pozzanghera ghiacciata in via Zamboni. La bicicletta sbandò, la catena si spezzò e Martina finì a terra, le mani graffiate e i documenti sparsi nel fango. Si rialzò tremante: mancava mezz’ora all’inizio della discussione, e i bus notturni erano già terminati.
Mentre cercava disperatamente un’opzione su Google Maps, ricordò il numero che aveva visto sui taxi bianco-rossi in giro per la città. **Radio Taxi 24**. Chiamò, e una voce rassicurante le promise un’auto in due minuti. Il tempo di raccogliere le carte bagnate e ripulirsi la giacca, il taxi era già lì. L’autista, un uomo sulla cinquantina con un accento romagnolo, le sorrise: *«Salga, dottoressa. Arriviamo prima del caffè»*. Indicò il navigatore: l’università era a quindici minuti con il traffico, ma lui sapeva una scorciatoia.
Mentre sfrecciavano tra i portici illuminati, però, un camion ribaltato bloccò l’accesso a via Petroni. «Problema serio», borbottò l’autista, ma non perse un secondo. Segnalò la deviazione alla centrale operativa via radio, svoltò in una stradina laterale e accelerò lungo vicoli che Martina non aveva mai visto. I minuti passavano, e lei tratteneva il respiro. *«Tranquilla, ho fatto questo lavoro per vent’anni»,* disse lui, mentre svoltava davanti a San Luca. Alle 8:28, il taxi si fermò davanti all’ingresso di via Belle Arti.
Martina corse in aula col cuore in gola, giusto in tempo per sentire il suo nome. Mezz’ora dopo, era laureata. Quando uscì, il sole splendeva e l’autista, che l’aspettava discretamente sul marciapiede, le fece un cenno. *«Un giorno ricorderà questa corsa come un’avventura»,* scherzò, mentre la riaccompagnava a casa. Lei sorrise: senza quel taxi e quel conducente, tutto sarebbe andato diversamente. Quella sera, scrisse una dedica in fondo alla tesi: *”Grazie a chi corre per chi ha fretta”.*
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