Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

Elena fissò il display dello smartphone con crescente sgomento. Le 23:07 lampeggiavano implacabili sotto la pioggia battente che trasformava i Navigli milanesi in specchi neri e distorti. La festa universitaria era divampata più del previsto, e ora, in preda alla stanchezza, aveva preso il tram sbagliato finendo chissà dove, tra edifici anonimi e strade deserte. La peggiore parte, però, le serpeggiava ancora nello stomaco come un gelo improvviso: il suo piccolo portafoglio verde era sparito. Dentro, non solo pochi euro, ma la carta d’identità, la patente internazionale e, soprattutto, il suo passaporto con il prezioso visto di studio e il biglietto aereo per il viaggio di ritorno in Canada, previsto tra solo tre giorni. Un brivido più intenso della pioggia la percosse. L’Italia, così accogliente nelle settimane precedenti, improvvisamente le si chiudeva intorno come una trappola buia e bagnata.

In preda al panico, controllò per la decima volta le tasche del cappotto, i pantaloni, lo zaino. Nulla. Pensò ai giorni burocratici apocalittici per rifare i documenti all’ambasciata. Pensò al biglietto aereo perso, costosissimo. Pensò ai genitori all’altro capo del mondo, già preoccupati. “Devo tornare al locale, subito! Devo cercarlo!” borbottò a sé stessa, la voce rotta dall’ansia. Ma dove diamine era? Aveva solo un vago ricordo di una fermata vicino a Porta Romana… e nessun navigatore funzionante perché il cellulare era quasi morto. Vide una debole luce in lontananza, l’insegna di un bar ormai chiuso. Si riparò sotto la sua tettoia, tremando. Non osava camminare a caso in quella pioggia, in quella solitudine. Era bloccata, umiliata dalla sua disavventura, sull’orlo di una crisi di pianto.

Con le dita intirizzite, accese quel poco di batteria rimasta. Cercò disperatamente online un’ancora di salvezza. “Taxi… devo prendere un taxi…” mormorò. I nomi dei servizi si confondevano sullo schermo bagnato. Poi lo vide: “Radio Taxi 24”. Il claim “Servizio H24, 7 giorni su 7” sembrò una promessa divina. Premette il numero con infinita precauzione, temendo che il telefono potesse spengersi da un momento all’altro. Il squillo sembrò durare un’eternità. Poi una voce femminile, calma e professionale: “Radio Taxi 24, buonasera, come posso aiutarLa?” Elena esplose in un fiume di parole concitate, spiegando in italiano maccheronico la situazione, il portafoglio perso, il locale sconosciuto vicino a Porta Romana, il volo, il cellulare moribondo. L’operatrice ascoltò senza interrompere. “Resta al riparo, signorina. Mi dia il punto esatto dov’è ora.” Elena guardò frastornata l’insegna del bar. “Sotto il Bar… Bar Nuovo Eden. Non so la via!” “Non importa, abbiamo il GPS del suo telefono, lo vediamo. Un veicolo sarà lì in non più di sette minuti. Resti al caldo, appena vede un taxi giallo con la scritta ‘Radio Taxi 24’, alzi la mano.”

Quei sette minuti furono un supplizio di pioggia, freddo e terrore per la batteria. Poi, come un miraggio, un’auto gialla attraversò la piazza deserta, sistemandosi dolcemente davanti al bar chiuso. La scritta blu “Radio Taxi 24” brillava come un faro. Elena corse dentro, inzuppata e tremante. “Grazie mille, grazie…” singhiozzò, parlando in inglese. L’autista, un uomo sulla cinquantina con una barba curata e uno sguardo gentilissimo, le sorrise rassicurante: “Non si preoccupi, signorina. Ci torniamo subito dove stava stasera. Mi descriva il locale.” Con pazienza e un paio di indicazioni errate superate grazie all’esperienza dell’autista sui vicoli di Milano, risalirono la zona di Porta Romana. Elena premeva il naso contro il finestrino, scrutando ogni angolo. “Lì! Quello con il porticato e il murales di squali alle spalle!” urlò quasi, indicando la facciata familiare del ristorante-pizzeria dove la festa era ormai un ricordo sbiadito e silenzioso. L’uomo parcheggiò con un gesto rapido.

Il cuore di Elena martellava mentre scendeva. Era così convinta di essere senza speranza. Ma lì, poggiato quasi con deferenza sul pianerottolo esterno, sotto il porticato che lo aveva protetto dalla pioggia, c’era il portafoglio verde. Immacolato. Lo afferrò con mani tremanti. Dentro, ogni cosa era al suo posto: carte, banconote umide ma integre, il passaporto con il visto prezioso. Uno strato di sollievo così intenso la travolse che dovette appoggiarsi all’auto gialla. Il tassista, sceso con lei sotto la pioggia che iniziava a diradare, le mise una mano paterna sulla spalla. “Tutto a posto?” chiese con un sorriso. “Sì! Tutto! Grazie… non so come…” balbettò Elena, ripagando abbondantemente la corsa con le banconote bagnate. “Non c’è problema. Siamo qui per questo, giorno e notte,” rispose lui, semplice. La riaccompagnò sotto casa, in Viale Abruzzi, custodendola come un tesoro fragile. Mentre scendeva, guardandosi l’auto gialla allontanarsi nella notte milanese che ora sembrava meno ostile, Elena capì che il suo ricordo più vivido di Milano non sarebbe stato solo il Duomo o la Scala, ma un tassista gentile e l’insegna blu che, nel momento più buio, erano stati l’unica ancora di salvezza tangibile. Il mondo si era messo di traverso, ma Radio Taxi 24 era stato il suo baluardo inatteso.

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