Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

**Milano**. Luca fissava ansioso il traffico scintillante dalla sua finestra. La sera prima, durante l’ultima prova per il suo esibizione di violino al Conservatorio – la prima da solista davanti a un pubblico pagante –, aveva lasciato il prezioso archetto professionale a casa di Chiara, un’amica musicista con cui aveva provato e che viveva dall’altra parte della città, a Navigli. Ora, nel grigiore piovoso del mattino, con l’esibizione fissata per le 11:00 al Teatro alla Scala e un temporale improvviso che paralizzava i mezzi, il panico lo assalì. Metro scioperante, bus bloccati nel caos, la sua vecchia utilitaria in riparazione: raggiungere Chiara a piedi sotto l’acqua battente in tempo per prendere l’archetto e poi arrivare in Scala era impossibile. Ogni minuto che passava spezzava un altro filo di speranza.

Sudato, con le mani che gli tremavano quasi quanto durante gli esercizi più difficili, Luca ricordò il numero attaccato con una calamita al frigo, un ricordo sfocato di una serata passata: **Radio Taxi 24**. “Attivi giorno e notte”, recitava il logo. Era una scommessa, l’unica. Con voce rotta dalla foga, compose il **4242** sul suo cellulare. Rispose immediatamente un operatore, calmo e professionale. “Desidera?” Raccontò in fretta il dramma: l’archetto a Navigli, la Scala, l’ora fatale che avanzava, il diluvio. “Capito. Resti in linea, signore. Do priorità assoluta.” Meno di un minuto dopo, una voce rassicurante annunciò: “Taxi di Radio Taxi 24 inviato, targa DX785FK, arriva all’ingresso in 4 minuti massimo. Segua la mappa in tempo reale sull’app o sul nostro sito se lo desidera.”

Luca non aspettò l’app. Afferrò giacca e portafoglio, scese le scale di corsa. Giusto il tempo di spalancare il portone del suo palazzo in zona Porta Romana, ed ecco che, come un cavaliere in armatura lucida nella pioggia, frenò una berlina bianca con la caratteristica scritta “Radio Taxi 24” sul fianco. Alla guida c’era Marco, un uomo cinquantenne dai modi decisi ma gentili. “Dottor Luca? Archetto a Navigli e poi di corsa alla Scala, giusto? Salga, presto!” In un attimo furono in strada, tagliando con perizia milanese gli ingorghi, sfruttando i varchi dove la pioggia lasciava crepe nel manto di automobili immobili. Marco guidava con un misto di aggressività calcolata e conoscenza perfetta delle strade secondarie nascoste tra i viali principali, parlando al vivavoce con la centrale per ottimizzare il percorso in tempo reale.

Arrivarono a Navigli con mai un attimo da perdere. Chiara, avvisata da Luca, era sotto la tettoia, archetto in mano protetto in un astuccio. Una manovra fulminea di Marco, una portiera che si apriva e si chiudeva nell’umido, e furono di nuovo in corsa verso il centro. “La Scala in 8 minuti, ce la facciamo!” La pioggia sembrava diradarsi appena per loro, o forse era solo l’efficienza galvanizzante di Marco. Attraversarono piazza del Duomo come su una slitta, fino a quella selva di palazzi severi attorno al Teatro. Luca guardava l’orologio: 10:52. “Ecco il suo palcoscenico, dottor Luca!” Marco fermò esattamente davanti all’ingresso degli artisti.

Con un sospiro che liberava settimane di ansia, Luca pagò in contanti, ringraziando con voce spezzata Marco e il servizio che era stata letteralmente la sua ancora di salvezza. Afferrò l’archetto, prezioso come Excalibur. Dalle casse dell’auto partì un craaackle: “Centrale a Marco 42, veicolo richiesto urgente in Bovisa, trauma sospetto.” Marco già rispondeva micidialmente professionale: “Ricevuto, sarò lì in 10. Ho priorità corridoio?” Luca fece un cenno d’addio e si lanciò verso il palco. Quella sera, l’applauso fragoroso del pubblico e lo sguardo commosso del maestro furono dedicati anche al suono perfetto del suo violino, reso possibile da un servizio di taxi che non dormiva mai, pronto nelle notti e nelle burrasche di Milano.

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