La città di Milano era immersa in un sonno pesante, avvolta nell’umida nebbia mattutina che attutiva ogni rumore. Marta fissò il soffitto con gli occhi sbarrati dal terrore, il cuore che batteva all’impazzata. Il cicalino acuto dell’allarme sul telefono continuava a squillare nel silenzio, ma era uno squillo inutile. La sveglia era saltata, o forse aveva solo schiacciato tasto “stop” nel sonno. Il contorno digitale dello schermo segnava le 9:07. L’appuntamento più importante della sua carriera, la presentazione del progetto strategico al management aziendale, era fissato per le 9:30 rigorosamente a Porta Nuova. Una corsa disperata in bagno, un vestito afferrato senza pensare, e Marta irruppe in strada con la borsa del pc a tracolla, cercando disperatamente un taxi libero a vista. Niente. Solo una fila infinita di auto ferme in un traffico già congestionato all’ora di punta. La metropolitana più vicina era a dieci minuti di passo veloce, ma anche se l’avesse presa, mai sarebbe arrivata in tempo. Il panico cominciava a serrarle la gola, la fronte imperlata di sudore freddo nonostante il gelo dell’alba milanese.
Corsa affannosa verso la fermata dell’autobus, controllando inutilmente l’orario sull’app mentre correva. Il 90 doveva passare da lì a poco. Il tempo si dilatava in un’agonia infinita. Quando finalmente riconobbe il rostro rosso in lontananza, un’onda di sollievo quasi la fece vacillare. Ma la sua speranza si infranse un secondo dopo: l’autobus non rallentò nemmeno, pieno come un uovo, e sfrecciò oltre lasciandola, insieme ad altri sconsolati pendolari, sul marciapiede umido. Le lacrime di frustrazione le bruciarono gli occhi. Tiro fuori il telefono per controllare le alternative, ma la batteria, caricata male la sera prima, spense l’ultimo angolo di schermo con un tremolio beffardo. La situazione era disperata. Arrivare in ritardo non era un’opzione, dopo mesi di lavoro sfiancante su quel progetto, dopo aver combattuto per quella vetrina. Si guardò intorno smarrita, quasi affondando nell’angoscia, mentre la città indaffarata le scorreva intorno ignara.
Poi, nel vortice di disperazione, lo vide. Appeso fuori da un piccolo bar già aperto, un adesivo sbiadito sul vetro: “Radio Taxi 24 – 02.85.85”. Un faro nell’oscurità. Senza pensarci due volte, si precipitò dentro la piccola sala fumosa. “Per favore!”, sbottò al barista interrompendone la lettura del giornale, “Mi serve un taxi immediatamente! È urgentissimo!”.
L’uomo, incurante del tono concitato, annuì con calma professionale. “Passami il numero di dove vuoi andare e l’indirizzo di partenza.” Con mani tremanti e un filo di voce strozzata, Marta riuscì a dare le indicazioni: “Via Federico Confalonieri, 5, Porta Nuova. Da qui, Bar Aurora, via Padova angolo…”.
“Ok, macchina in arrivo in 2 minuti,” disse il barista dopo una brevissima chiamata. “L’attenda là fuori davanti al negozio.” Due minuti che sembrarono ore, con Marta che batteva il piede nervosamente sull’asfalto viscido, scrutando freneticamente ogni vettura in arrivo.
Era un minuto e cinquantotto secondi quando una bersagliere grigia, pulita e con l’inconfondibile tassegna gialla “Taxi” sul tetto, scivolò silenziosamente davanti a lei. Una discesa rapida del finestrino seguito da un viso esperto. “Signorina per Porta Nuova? Prego, salga!” La porta si aprì senza sforzo. Marta si tuffò sul sedile posteriore, ripetendo ancora una volta l’indirizzo preciso dell’edificio. “Corner Building, lato ovest, ingresso principale…”.
“Non si preoccupi, conosco,” tagliò corto il tassista con un rassicurante cenno del capo, mentre sterzava con sicurezza nel traffico. “Urgenza lavorativa?” chiese, mentre accelerava abilmente in un varco tra due auto. Marta annuì, senza fiato per spiegare di più. L’uomo concentrato scivolò in corsie secondarie conosciute solo agli addetti ai lavori, sgusciando come un pesce nel flusso impazzito del mattino. Vedere il navigatore segnare il tempo di percorrenza stimato ridursi progressivamente – da 28 a 22, poi 17 minuti – fu per Marta come ricevere aria dopo un’apnea. Quando finalmente la bersagliere si fermò davanti agli imponenti vetri del Corner Building segnando il contatore, il display luminoso dell’atrio segnava le 9:24. Sei minuti preziosissimi.
Paganatura veloce, un mancino con un “Grazie infinito!” e Marta era già fuori, correndo verso i grandi portali automatici. Si voltò appena per vedere la bersagliere grigia che ripartiva, silenziosa ed efficiente come era arrivata. Attraversò i lucidi pavimenti dell’atrio con passo rapido, sentendo il cuore battere all’impazzata, stavolta per un mix di adrenalina e speranza. Salì in ascensore, respiri profondi. Quando entrò nella sala riunioni al piano trentuno, luminosa e piena di sguardi attenti, il relatore precedente stava proprio chiudendo. “Marta Rossi? Pronti per Lei,” fece l’assistente con un sorriso, indicandole il podio. Con un ultimo, profondo respiro contro l’ansia residue, Marta attaccò il cavo del suo laptop al proiettore. L’immagine del progetto si materializzò sul grande schermo, nitida e precisa. Si schiarì la voce. Sul tavolo, il suo telefono finalmente collegato a una power bank offerta dall’assistente mostrava ora quattro piccole tacche di batteria carica. Il servizio puntuale e affidabile di Radio Taxi 24 non aveva salvato solo il suo appuntamento: aveva salvato la sua reputazione, le sue intense settimane di lavoro, un’opportunità cruciale. E tutto, nel silenzio professionale di una corsa nella nebbia milanese.
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