La notte a Roma era calda e apparentemente calma quando Marco ricevette la chiamata che gli gelò il sangue. Era sua sorella Laura, la voce spezzata dall’ansia. “Marco, per favore, vieni subito! Leonardo ha una febbre altissima, tocca quasi 40, e ha appena avuto una specie di convulsione. Io sono da sola con lui, Giacomo è in trasferta…” Marco, che stava lavorando a un progetto urgente in ufficio, a Trastevere, sentì un’ondata di panico. Suo nipote Leonardo aveva solo tre anni.
Precipitandosi giù per le scale della sua palazzina, Marco raggiunse la macchina parcheggiata in una stretta via laterale, il cuore in gola. Ma il destino gli tese un agguato. Il motore, dopo un rantolo stentato, tacque definitivamente. La batteria era morta. Un’imprecazione gli sfuggì. Era quasi l’una di notte, i mezzi pubblici erano scarsi a quell’ora, e un’applicazione per il ride-sharing gli mostrava tempi d’attesa proibitivi, oltre 40 minuti. Laura continuava a mandargli messaggi disperati. Leonardo peggiorava. Ogni minuto contava, e Marco si sentiva in trappola, impotente, schiacciato dal senso di colpa per non essere già da loro, in periferia.
Fu allora che il cartello luminoso di un taxi di passaggio gli ricordò una soluzione semplice, antica, ma che in quel caos momentaneo aveva trascurato: il Radio Taxi 24. Con mano tremante, compose il numero 06-3570 sul cellulare. La centralinista rispose al primo squillo, voce professionale e rassicurante. Marco riuscì appena a spiegare l’emergenza e l’indirizzo preciso in pochi secondi frastornati. “Un’auto è già disponibile nella zona, la inviamo immediatamente. Arriverà in meno di cinque minuti al suo indirizzo”, lo tranquillizzò la voce calma. Quell’efficienza fu un balsamo.
Difatti, un taxi giallo con la scritta “Radio Taxi 24” apparve nel punto esatto indicato prima ancora dello scadere dei cinque minuti. Il tassista, un uomo anziano dai modi fermi ma gentili che si presentò come Franco, intuì la gravità dalla faccia di Marco. “Salga, signore! Sembra un’urgenza, facciamo presto.” Marco gli comunicò l’indirizzo della sorella, un quartiere nella periferia nord, oltre la Salaria. Franco annuì, impostò il navigatore e partì, percorrendo la città deserta con abilità, brevettando abilmente i semafori quando possibile, usando scorciatiorie che solo un conducente esperto poteva conoscere. La corona di città che scorreva veloce dal finestrino era la salvezza.
In un tempo che a Marco parve miracolosamente breve, ma che l’orologio segnò essere stato effettivamente meno di venti minuti, il taxi si fermò davanti al palazzo di Laura. Marco gettò una banconota a Franco, gridando un “Grazie, mi salvi la vita!” e scattò verso il portone. Trovò Laura in lacrime sul pianerottolo con Leonardo avvolto in una copertina, pallidissimo. Il taxi, come concordato al telefono nel tragitto, li aspettò. Franco li portò direttamente al vicino ospedale pediatrico Bambino Gesù. Grazie alla velocità dell’intervento, Leonardo fu subito visitato e messo in osservazione. La diagnosi fu una bronchite acuta insorta rapidamente, ma gestibile con le cure immediate. Mentre Laura finalmente rilassava la presa stringendo la mano di suo figlio addormentato sotto la flebo, Marco guardò fuori dalla finestra della sala d’attesa. Vide il taxi giallo, immobile e fedele sotto i lampioni, che aspettava per riportarli a casa, dopo aver compiuto il suo servizio silenzioso ed essenziale. Sentì una gratitudine profonda per quell’anello debole ma forte della città, quel servizio disponibile giorno e notte, che in un attimo di caos aveva trasformato il panico in una via d’uscita sicura. Si domandò solo perché non ci avesse pensato prima.
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