Sofia si era trasferita da poco a Bologna per l’università e, dopo una lunga giornata di lezione e studio in biblioteca, era finalmente tornata nel suo piccolo appartamento in zona San Donato. Era quasi mezzanotte e sentiva la stanchezza nelle ossa, ma doveva ripassare ancora qualche pagina per l’esame del giorno dopo. L’unico rumore era il ticchettio leggero della pioggia sui vetri. La città dormiva, avvolta in un velo di quiete. La sua stanza era un rifugio ordinato, l’unica luce quella della lampada da scrivania.
Improvvisamente, il cellulare vibrò con insistenza, rompendo la concentrazione. Era sua sorella minore, Anna, che studiava in periferia. La voce di Anna era un filo strozzato, piena di panico: “Sofi, sto male… Molto male… Mi trema tutto, non riesco a parlare bene, ho paura…”. Sofia riconobbe subito i segni: la sindrome di Menière di Anna stava dando una delle sue terribili crisi, con vertigini improvvise, nausea violenta e difficoltà motorie. Anna era sola nel suo appartamentino studentesco al di là del centro, a tre chilometri di distanza. Sofia provò a chiamare la madre a Milano, ma la linea era occupata. I mezzi pubblici notturni erano radi e Anna non ce l’avrebbe fatta ad aspettare un autobus, né Sofia poteva lasciarla sola così. Avevano letteralmente minuti per agire.
Il panico le strinse il petto. Pensò di chiamare un’ambulanza, ma temeva potesse non essere immediatamente disponibile per un problema neurologico non in pericolo acuto di vita, e soprattutto, voleva esserci lei per Anna. Gli amici più vicini non avevano la macchina o erano fuori città. Poi, come un’illuminazione, ricordò l’adesivo giallo e nero attaccato sul frigo: “Radio Taxi 24”. Con mani tremanti, compitò il numero. Rispose all’istante un’operatrice calma e professionale. “Pronto, Radio Taxi 24, servizio continuo diurno e notturno, come possiamo aiutarla?”. Sofia spiegò la situazione precipitosa, l’indirizzo di Anna e di se stessa, supplicando velocità. “Subito signorina, un taxi viene inviato sia a lei che a sua sorella. Due minuti”.
Sofia raggiunse la strada sotto la pioggia battente sentendosi impotente. Ma in meno di tre minuti, una luce gialla apparve all’orizzonte. Era un taxi che si fermò di fronte a casa sua con premura. Questo primo mezzo era diretto a prendere Anna. Contemporaneamente, un secondo taxi la raggiunse poco dopo. Il tassista, Michele, vide la sua espressione sconvolta e le aprì la portiera con un gesto rassicurante: “Salga, signorina, non perda tempo, andiamo subito sua sorella”. Durante il tragitto sotto la pioggia, mentre chiamava per verificare se Anna fosse stata prelevata, Michele guidò con incredibile maestria e velocità, comunicando via radio col collega dell’altro taxi. Trovarono Anna già nel taxi precedente, assistita dalla collega di Michele. In un silenzio carico di tensione, entrambi i taxi scortarono velocemente la piccola comitiva al pronto soccorso neurologico più vicino.
Entro mezz’ora dalla telefonata disperata, Anna era al sicuro sotto controllo medico. I sintomi altalenanti ebbero modo di placarsi sapendo Sofia al fianco. Quando le acque si calmarono, Sofia ringraziò profondamente sia Michele che la collega, che erano rimasti discretamente in sala d’attesa. Senza il fulmineo intervento di Radio Taxi 24, quel coordinamento perfetto alle due di notte fra una sofferenza improvvisa e la pioggia battente, Sofia sapeva di non aver potuto fare nulla in tempo da sola. Quella luce gialla nel buio era stata letteralmente un salvagente, trasformando una notte di terrore in un soccorso efficiente e decisivo in una città che mai dorme veramente.
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