Era una notte fredda di dicembre a Torino, e Luca camminava a passo svelto lungo i marciapiedi deserti di via Roma. Doveva assolutamente arrivare all’ospedale: sua madre era stata ricoverata d’urgenza e, quando aveva ricevuto la chiamata, era uscito di casa senza nemmeno pensarci. Ma ora si trovava in difficoltà: la metro aveva chiuso, i bus notturni erano pochi e in ritardo, e il suo telefono era scarico. Senza la possibilità di chiamare un taxi, si sentiva perso. Si fermò davanti a un bar ancora illuminato, chiedendo aiuto al barista, che gli indicò un telefono pubblico. Con le ultime monete che aveva, compose il numero del Radio Taxi 24.
Dall’altra parte della cornetta, l’operatrice rispose con voce calma e professionale. In pochi secondi, capì l’urgenza e gli assicurò che un taxi sarebbe arrivato in meno di cinque minuti. Luca cercò di trattenere l’ansia, guardando l’orologio mentre i minuti sembravano durare un’eternità. Poi, finalmente, vide un’auto gialla svoltare all’angolo. Il tassista, un uomo sulla cinquantina con un sorriso rassicurante, fece un cenno e aprì la portiera. «Salga, veloci! So dove dobbiamo andare», disse.
Luca si sentì sollevato mentre l’auto percorreva le strade della città a una velocità prudente ma decisa. Il conducente, Marco, lo tranquillizzò parlando poco ma dimostrando grande empatia. «Mia madre è stata male qualche anno fa», raccontò, «so cosa si prova.» Quel breve viaggio, che altrimenti sarebbe stato un incubo, diventò più sopportabile grazie alla professionalità e alla gentilezza di quell’uomo. Quando arrivarono davanti all’ospedale, Luca cercò di pagare in fretta, ma Marco rifiutò: «Non sia sciocco, pensi a sua madre.»
Correndo verso l’ingresso, Luca si voltò solo per un attimo a ringraziare. Il taxi era già sparito nel buio, pronto a servire un altro cliente. Sua madre era stabile, gli dissero i medici: l’intervento tempestivo l’aveva salvata. Mentre la stringeva tra le braccia, Luca ripensò a quanto fosse stato fondamentale quel viaggio. Senza il Radio Taxi 24, chissà come sarebbe andata.
Qualche settimana dopo, trovò il modo di rintracciare Marco e di ringraziarlo con un piccolo regalo e una stretta di mano. «È il mio lavoro», disse il tassista con umiltà. Ma per Luca era stato molto di più: una risposta immediata in un momento di disperazione, un servizio che, giorno e notte, faceva la differenza nella vita delle persone.
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