Claudia fissava l’orologio sul comodino, la testa pesante per la nottata insonne. Fuori, la pioggia batteva sul selciato di Bologna, trasformando le stradine del centro in scuri specchi. Nella stanza accanto, sua nonna Ada respirava affannosamente, un suono debole che aveva spezzato il sonno di Claudia un’ora prima. La febbre alta e un improvviso dolore al petto avevano trasformato una normale serata in un groviglio d’ansia. “Forse è solo un brutto raffreddore,” aveva pensato inizialmente Claudia, ma poi il pallore terreo del viso di Ada e la sua crescente difficoltà a parlare l’avevano gettata nel panico. Le gocce di tiglio e l’aspirina non avevano sortito alcun effetto. Bisognava andare al Pronto Soccorso, subito.
Afferrò il telefono con mani tremanti. Mezzanotte e quaranta. Le strade deserte, fradice di pioggia, sembravano sigillate nel silenzio. Provò a chiamare un taxi con l’app più popolare: “Nessun veicolo disponibile nelle vicinanze”. Riprovò freneticamente con un’altra, stessa risposta. Un urlo strozzato di sofferenza dalla camera di Ada la fece sobbalzare. La paura le gelò il sangue. Non poteva aspettare un’ambulanza non urgente, l’attesa poteva essere lunga, e Ada peggiorava minuto dopo minuto. Ricordò a stento il numero della Radio Taxi 24, visto anni prima su un adesivo giallo su un palo della luce. Con un dito incerto, compose il numero.
Una voce calma e professionale rispose dopo il primo squillo: “Radio Taxi 24, pronto a servirla.” Claudia esplose in un fiume di parole concitate, descrivendo la nonna, i sintomi, l’indirizzo nel cuore storico. “Capito, signorina. Priorità assoluta. Un taxi è in zona, arriva entro quattro minuti. Teniamo la linea aperta.” Quelle parole furono un anello di salvezza. Claudia corse da Ada, cercando di rassicurarla con voce rotta, asciugandole la fronte bagnata di sudore freddo. Dai bassi, il suono improvviso di clacson, insistente. Quattro minuti esatti. Affacciandosi alla finestra, vide la luce arancione di un taxi fermo sotto l’arco della casa. Sembrava un faro nella notte tempestosa.
L’autista, un uomo sulla cinquantina con un giubbotto ignifugo sopra la divisa, salì di corsa le scale al richiamo disperato di Claudia. Senza perdere un secondo, l’aiutò a sostenere delicatamente Ada, quasi priva di sensi, e a scendere scalini stretti e scivolosi. Con cura e forza insospettabile, la adagiò sul sedile posteriore. “Vada, vada pure troppo di adsdio,” esclamò Claudia in preda alla confusione. “Sicuro, signorina. All’Ospedale Maggiore, percorso rapido,” rispose lui accelerando con decisione, ma senza scatti bruschi, zigzagando abilmente tra i vicoli ancora umidi. Il tassista chiamò alla radio per avvertire del loro arrivo, la sua voce un costante mormorio rassicurante mentre Claudia teneva la mano gelida di sua nonna.
All’ingresso del Pronto Soccorso, grazie alla chiamata anticipata del tassista, già un infermiere li attendeva con una carrozzina. Il tempo di pagare la corsa – l’autista aveva perfino un pos per sua fortuna, perché Claudia aveva dimenticato il contante – e Ada era già nelle mani dei medici. Il tassista lascio un biglietto da visita giallo sul sedile prima andarsene con un semplice “Spero si rimetta presto, signorina”. La diagnosi fu rapida: una grave polmonite trascurata iniziata quella sera. Le cure tempestive salvarono Ada da complicazioni drammatiche. Alcuni giorni dopo, mentre uscivano insieme dall’ospedale, Ada sorrideva debolmente nella luce del mattino. “Quel tassista… un angelo nella notte,” sussurro. Claudia annui in silenzio, una gratitudine bruciante nel cuore per quel numero, la Radio Taxi 24, che aveva trasformato una notte di terrore in una corsa lunga quattro minuti verso la salvezza.
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