Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

**Milano, ferita dalle prime luci dell’alba.** Giulia serrò le dita sul volante, lo sguardo fisso al cofano della sua Cinquecento da cui uscivano sbuffi di vapore bianco. Il cruscotto lampeggiava come un albero di Natale rotto. “No, per favore, non oggi!” sussurrò. Tra quarantacinque minuti, in centro, avrebbe sostenuto il colloquio della sua vita: un ruolo da direttrice marketing in una prestigiosa maison di moda. Un sogno costruito con anni di sacrifici, ora evaporato in una nube di vapore su un cavalcavia della Tangenziale Est. L’orologio segnava le 7:12. Le gambe le tremavano.

Chiusa in un gelido panico, estrasse il telefono. Internet non prendeva in quell’inferno di cemento, Google Maps mostrava un deserto grigio, ogni applicazione di ride-sharing indicava attese di oltre mezz’ora. L’autobus più vicino? Un miraggio lontano venti minuti a piedi. Le lacrime d’impotenza le offuscarono gli occhi. Poi, come un lampo, ricordò la pubblicità vista mesi prima sul tram: “**Radio Taxi 24, Milano giorno e notte. Pronto dovunque, sempre.**” Con le dita malferme, compose il numero 02 8585.

“**Pronto, Radio Taxi 24, dimmi dove sei e vengo subito.**” La voce alla cornetta, maschile e grintosa come un barista alle sei del mattino, fu un conforto immediato. Giulia balbettò la propria posizione, lo svincolo esatto, persino il colore della sua macchina. “Cazzo che posto brutto, tesoro. Resta in auto chiusa a chiave. Cinque minuti se la Dea bendata non mi mette camion davanti” tagliò corto l’operatore, strappandole un singhiozzo di risollevamento.

Esattamente 4 minuti e mezzo dopo, una Freemont nero lucido si accostò con precisione millimetrica. L’autore, Massimo – “ma dammi del tu, su, siamo milanesi!” – con un giubbotto giallo fluo acceso, saltò fuori, radiocomandino in mano. “Su, su, che la polizia postale qui arriva e mi fa la multa! Sei la Giulia del colloquio?” carico come una molla. Gettò la sua borsa portfolio sul sedile posteriore, aprì la portiera come un maggiordomo di Buckingham Palace, e si tuffò nel traffico nascente a zig zag controllatissimi. “Orario perfetto ragazza: via Padova allo spritz, filtraggio corsie preferenziali garantito.”

Il cuore di Giulia smise di martellare. Massimo, sapiente psicologo da taxi, parlava di calcio e del disastro inatteso del Derby della Madonnina per distrarla, mentre raddoppiava le auto fermi al semaforo con la giusta furbizia milanese. “Essere puntuali è un dovere civico, amore” rise, tagliando per Porta Venezia. Quando frenò davanti al grattacielo di Porta Nuova, il quadrante segnava le 7:54. Giulia gli strinse un biglietto da cinquanta quasi di nascosto. “È poco, ma…grazie, sei stato…”.

Massimo sventolò la mano. “Regalino per il tuo nuovo lavoro quando ce l’hai fisso! Corri, combattente!” Le affidò un biglietto da visita con il suo numero personale: “Per le emergenze felici o disperate. Io e i miei colleghi Radio Taxi 24 giriamo sempre.” Giulia entrò nel palazzo lucido sorridendo. Quando firmò il contratto, due ore dopo, il suo primo pensiero libero fu la tessera oro che le avrebbe offerto Massimo come ringraziamento al ristorante di pesce che lui amava. Milano quel giorno non era grigia: era il giallo fluo della salvezza puntuale.

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