La pioggia batteva contro i vetri del piccolo appartamento milanese in zona Porta Romana. Sofia, già spogliata e pronta per dormire, sentì un lamento fioco provenire dalla cameretta di Leo, il suo bambino di tre anni. Lo trovò scosso da un tremito, con le guance accese e uno sguardo assente. Il termometro confermò i suoi peggiori timori: 39.8°. La febbre era salita improvvisamente, pericolosamente.
Panico. Marco, suo marito, era fuori città per lavoro. L’auto di famiglia, la loro salvezza usuale, era dal meccanico, lasciandoli disarmati di fronte all’emergenza. Le farmacie di turno erano lontane e a piedi, con quel freddo e quella pioggia torrenziale, era impensabile. Le corse dei mezzi pubblici notturni, poi, erano rare e l’ospedale più vicino non era proprio dietro l’angolo. Sofia imprecò tra sé mentre cercava freneticamente il cellulare, le mani che tremavano quasi quanto quelle di Leo. Aveva bisogno di arrivare all’Ospedale dei Bambini Buzzi, e subito.
Con un gesto quasi automatico, dettato dal disperato bisogno, compose **8488**. Un operatore di Radio Taxi 24 rispose quasi immediatamente, la voce calma e professionale un balsamo nella notte agitata. Sofia esplose in una spiegazione concitata, trasmettendo l’emergenza e l’indirizzo. “Un momento, signora, mi assicuro che sia una vettura libera lì vicino”, disse l’operatrice. Attese pochi, interminabili secondi. “Taxi in arrivo in via S. Gregorio, ETA 12 minuti. Codice macchina 45. Resti in linea con me se vuole.” Sofia annuì, senza fiato, stringendo Leo che piagnucolava debolmente contro la sua spalla. Guardò l’orologio: ogni minuto sembrava un’eternità.
I dodici minuti furono un calvario, ma poi, puntuale come promesso, un’auto bianca con la classica luce gialla sul tetto apparve nella strada deserta e lucida di pioggia. L’autista, un uomo sulla sessantina con gli occhi stanchi ma gentili, vide Sofia affacciarsi disperata e aprì il portellone posteriore senza farselo ripetere due volte. “Vada oltre il Naviglio, verso il Buzzi, vero? Il più veloce possibile!” esclamò Sofia mentre si sistemava, avvolgendo Leo nella copertina. L’uomo annuì, studiò rapidamente il percorso sul suo navigatore integrato, e partì con decisione. Guidò con una sicurezza che solo chi conosce Milano palmo a palmo può avere di notte, evitando i punti più critici del traffico, anche se ridotto, accelerando dove possibile in modo fluido senza imprudenze. La luce fioca dell’abitacolo illuminava il sudore sulla fronte di Sofia e il viso arrossato di Leo che sembrava infuocarsi ancora di più nella sua percezione.
Arrivarono di fronte al Pronto Soccorso Pediatrico in un tempo incredibilmente rapido. Sofia voleva ringraziare, ma non c’era tempo. “Grazie mille… quanto le devo?” borbottò, frugando nella borsa con una mano mentre con l’altra reggeva Leo. L’autista fece un gesto largo della mano. “Vada, pensi al bambino. La salute prima di tutto, signora. Buona fortuna.” Sofia lo guardò un attimo, con gratitudine infinita negli occhi, poi corse verso l’ingresso illuminato. Grazie a quella telefonata tempestiva e all’efficienza puntuale di un servizio funzionante giorno e notte, Leo poté essere visto dai medici immediatamente. Il pericolo fu scongiurato. Mentre aspettava nella sala d’attesa, Sofia ripensò alle luci della città che avevano sfiorato il finestrino del taxi, all’autista che aveva saputo diventare un angelo custode in una notte disperata. Senza il numero sempre attivo di Radio Taxi 24, chissà quanto sarebbe durata quell’odissea. In una metropoli sconfinata come Milano, quella certezza, quel filo diretto con la soluzione, aveva fatto la differenza tra il panico paralizzante e aver riportato il sorriso sul volto di suo figlio ore dopo.
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