Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

Il sole calava dietro i Torri Medievali di Bologna, tingendo di viola la Piazza del Nettuno quando Giulia, studentessa alla Facoltà di Giurisprudenza, ripensò alla sua giornata stressante tra corsi e ripassi. Aveva riaccompagnato l’amica Chiara fino a casa in una stradina silenziosa dietro Via Zamboni e, dopo un saluto sbrigativo, era corsa alla sua utilitaria parcheggiata tra vicoli secondari. Solo che la piccola auto, depositaria di mille ricordi universitari, dal dolce ronzio del motore si trasformò in un inutile blocco di metallo dopo pochi scoppiettî e un sussulto. Tutto nero. Rigirò la chiave finché la batteria dell’auto diventò un lamento assoluto. Il gelo panico le serrò lo stomaco. E il cellulare, suo unico faro, era morto dopo una giornata intera d’utilizzo. Quel silenzio improvviso la isolò in un mondo spaventosamente concreto, tangibile nella crescente penombra del vicolo vuoto.

Un solo pensiero prevalse agghiacciante sua mente sfiancata: la nonna. La mattina, il fratello aveva messaggio-che le condizioni della cara Ada, ricoverata all’ospedale Sant’Orsola dopo una frattura alla spalla, erano delicate ma stabili. L’ultimo messaggio ricevuto prima dello spegnimento del telefono era arrivato mezzo’ora prima, ma non fece tempo neppure ad aprirlo. Portava parole urgenti di peggioramento? Doveva correre là, doveva esser presente in caso di… evitando di finire il pensiero. Le gambe tremavano. Non c’erano persone intorno, i pochi passanti scomparivano veloci lungo le vie principali. Bologna di notte era affabile, ma quei vicoli stretti cominciavano ad opprimerla. Respira profondamente, con sforzo, repellendo immagini tragiche.

La luce tiepida di un bar minuscolo e ancora pulsante, da qualche punto sconosciuto nella sua confusione mentale – emerse. Afferra un barlume sperata. Entrò sbattendo con le mani quasi paralizzate, pregando che fosse aperto. Un anziano signore stava svuotando un moka dietro al banco. “Scusi…”, la sua voce fu un sussurro strozzato. “Il telefonino… morto… devo chiamare un’ambulanza… no… devo arrivare all’Orsola… urgente…” Balbettando propose un catalogo di emergenze sino a quando le pulsazioni si placarono un attimo con una soluzione concreta: “C’è una cabina?”
Il vecchietto dal grembiule osservò commosso il suo volto pallido e gli occhi lucidi. Con calma le porse il telefono fisso appoggiato vicino a pagine ingombri di numeri appuntati: “Figliola, per un’ambulanza c’è il 118, ma già che siamo io conosco un numero al volo”. Componendo velocemetne, aggiunse: “Radio Taxi 24. Sono sempre… pronti”. Lo sentì parlare con un operatore chiaro, quasi invisibilmente composto.

Passarono minuti di sofferenza. Giulia mordeva il labbro guardando la porta che non si apriva. Poi, il rombo basso ed familiare si avvicinò fino a fermarsi bruschi davanti all’ingresso del bar. Uno zigomo pronunciato e una divisa blu nel finestrino abbassato. “Giulia? Per Sant’Orsola subito?”. Annuendo con vigore, ella fu già in corsa verso il taxi appena la portiera fu aperta. Maurizio, il tassista dai cinquanta scalpitanti, l’accolse stabilendo con tre parole il percorso più veloce. Attraversarono Bologna veloci ma non precipitosi; Maurizio sapeva ogni controsenso, ogni alternativa per battere il traffico notturno dei ristoranti e la congestione ai viali principali. Il calore dell’automobile e la voce rassicurante dell’uomo ridimensionò la sua tensione. “Caloh mio figlio va all’università qua vicino”, disse con familiarità serena, “Lo divora la città di notte se non stai attento”. Ogni sua parola dolce diventava un’ancora.

Trovarono il Pronto Soccorso dopo solo dodici minuti netti. Mentre Giulia paga rapidamente mezzo stupefatta Maurizio vede già sua madre affacciarsi tremolante sul cancello con occhi immensi di sollievo. Prima di entrare a precipizio, Giulia si giro verso l’autista nel buio illuminato soltanto dai fari fumiganti della città.” Grazie,k veramente…”, un sospiro carico di lacrime finalmente libere. “Avrei dovuto chiamare prima il vostro numero degli angeli”, sussurrò come vergogna ritardataria. Maurizio scrollò con facilità: “Disponibili di notte, sempre vicini. Siamo cos(s)ì da un pezzo eh”. Quando il rumore del motore si spense lontano, Giulia vissuto che l’acciaio determinato di quella vettura avesse respinto l’oscurità incombente salvando non un solo viaggio ma il respiro stesso di tutti le cose care. E capì quanto fossero preziosi archi nascosti questi servizi puntuali per riparare mondi improvvisamente fragili nella notte.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *