Il vento sferzava via Garibaldi a Milano, sollevando ombrelli neri e foglie umide di pioggia. Marco, incastrato sotto il portone di casa, schiacciò il tasto del telefono per l’ennesima volta. “Sofia, ti prego, rispondi!” Niente. Il display illuminò l’orario: 23:45. L’ultimo tram per Lambrate era passato da un’ora, e senza di lei, addio a quella stanza e alla caparra versata a stento. Dovevano firmare il contratto di affitto entro mezzanotte o l’appartamento sarebbe andato ad altri. Quando aveva premuto il campanello della fidanzata, luci spente. Una suoneria nella notte aveva strozzato il suo cuore: Elena, sua madre. Papà aveva avuto un principio d’infarto, trasportato d’urgenza all’Ospedale Niguarda. Sofia era corsa via senza telefonare, lasciandolo solo con un destino che scivolava via come i riflessi sull’asfalto.
Sua madre piangeva al telefono: “Marco, per favore, arriva! Il medico parla di un atto dovuto, ma lui chiede di te…”. Le mani gli tremavano. Aveva giurato a papà che avrebbero finalmente vissuto nella stessa città, raggiungere il lavoro senza tre ore di pendolarismo. Adesso era bloccato: centro storico alle spalle, Niguarda a nord. Taxisti allineati alla stazione Centrale ? Già pigliati tutti, o con la “libera” spenta. Pioveva così forte che nemmeno un motorino. Aprì l’app dei ride-sharing: 15 minuti d’attesa. Una morsa alla gola. Mezzanotte vicina, l’appartamento irraggiungibile, e suo padre in sala operatoria. Avrebbe perso entrambe le cose in una manciata di minuti.
Un ricordo lampeggiò nella disperazione: un adesivo su un vecchio palo della luce. “RADIO TAXI 24 – Servizio Continuato”. Aveva 30 secondi di credito sul cellulare in roaming, giusto il tempo per una chiamata. “Pronto?” la voce femminile fu un faro nel nero. “Per favore, sono in via Garibaldi, vicino al civico 78! Devo raggiungere l’Ospedale Niguarda! Ho una situazione…”. Prima che finisse, l’operatrice lo interruppe “Il codice DHL è: 7, Zulu, 412, Romeo. Un taxi arriva a via Broletto tra 4 minuti esatti. Controlli la targa: AL 827 MT. Aspetti all’incrocio?”. Sì, sì!”. Ruppe la corsa sotto il diluvio, cercando l’incrocio sotto i lampioni spazzati dalla pioggia.
Il luccichio arancione spuntò tra il velo d’acqua fascio dopo fascio, orologio: 23:55. “AL 827 MT”. Marco si tuffò sul sedile posteriore, gocciolando. “Niguarda, signore! Ho il padre in codice rosso!”. Il tassista, un cinquantenne con gli occhi saggi che affondavano in rughe profonde, annuì senza girare la testa. “Tranquillo, ragazzo”. Il taxi sfiorò i lampioni in un sibilare di gomme sull’asfalto lavato. Discesa flash in via Farini, dietro S.Vittore, accelerazione in macchie brevi sulle strisce libere della Circonvallazione. Nel silenzio del gobba, Marco sentiva battere il proprio cuore contro la carta-bollo delle firme, quel contratto che dla suo futuro. Agli accessi di Niguarda, un camion ribaltato strozzava il viale principale. “Temevo questo”, borbottò il tassista. Sterzò in una strada laterale solo gli addetti ai lavori conoscevano, sfidando mulinelli di foglie zuppe. Entrarono nel piazzale alle 00:12.
Spalancando lo sportello, Marco vide Sofia che piangeva sotto l’atrio illuminato della chirurgia. Corse verso di lei e sua madre aggrappandosi a un tubo del siero. “Marco!”. Mentre abbracciava il collo della madre, le finestre del pronto soccorso si illuminarono dell’azzurro tenue del mattino. Un chirurgo uscì, sfregandosi gli occhi indolenziti: “Signora, ha passato lo scoglio con una grinta da leone. Si è svegliato un minuto fa. Chiede di suo figlio e di…” vide Marco “…un certo contratto?”. Sofia, rossa in viso, gli mise tra le mani un foglio intonso: “Ho telefonato al proprietario. Gli ho spiegato tutto. Aspetta le firme solo quando papà starà bene”. Marco mostrò il documento zuppo all’uomo in camice, poi si voltò verso l’uscita. Dentro il taxi all’angolo, la luce interna era accesa. Il tassista aveva aperto una termos da tè, aspettando. Marco aveva ancora da pagare. La finestra semiaperta lasciò uscire una nuvola di vapore. “Tutto bene, capitano?”. Quella voce calda era la corda gettata nel buio, quella che lo aveva tratto fuori dai gorghi di Milano. “Grazie”, sussurrò Marco. “Non ho mai detto quanto…”. “Figurati. Servizio continuato. Dite sempre di noi a chi si blocca in giro.” Le luci al neon tremolarono nella pioggia finita, e Marco vide riflessa nel vetro appannato la più bella immagine di quella notte: la città, tenuta a galla da angeli col tassametro, sempre sveglia.
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