Francesco controllò per la decima volta l’orologio al polso. Le lancette luminose segnavano le 23:48, illuminate dalla flebile luce della pensilina. La tangenziale di Milano era un fiume di auto che si assottigliava rapidamente, ma della linea notturna N26, l’ultimo autobus diretto in centro, nessuna traccia. L’ansia gli stringeva lo stomaco: doveva assolutamente raggiungere lo studio medico in Piazza della Repubblica per le tre di notte. Sua madre, ricoverata in una clinica di Monaco, aveva bisogno di un esito positivo alla visita specialistica per accedere a un trattamento sperimentale. Quel documento siglato dopo mezzanotte era la chiave necessaria. Sarebbe stato l’unico momento utile per parlarne con il neurologo prima della sua partenza all’alba.
Una folata di vento gelido lo fece rabbrividire mentre scrutava la strada deserta nella semioscurità, lontano dalle luci del centro. L’N86 non sarebbe più passato, lo intuì con terrore. Afferrò il telefono per chiamare un taxi, ma lo schermo rimase nero: batteria esaurita. Un gelo più profondo di quello della notte milanese lo colpì. Era isolato nel retro di un deposito ATM, a chilometri dalla metropolitana o da zone con maggiore movimento. Panico. Strinse le mani nei capelli, cercando una soluzione. Il suo futuro, quello di sua madre, dipendevano da quella corsa impossibile.
Fu allora che i suoi occhi catturarono il bagliore sbiadito di una cabina telefonica pubblica, un vero fossile, accanto a un chiosco abbondonato. Corse verso di essa, frugando freneticamente nelle tasche nella speranza di trovare qualche moneta rimasta. Per un miracolo, nel taschino dei jeans, due euro e cinquanta centesimi. Afferrò il ricevitore polveroso e, dopo una breve esitazione, compose il numero del Radio Taxi 24 che ricordava da un vecchio adesivo sul frigorifero di casa. “Pronto, Radio Taxi 24, buonasera,” disse una voce femminile calma e professionale. Francesco spiegò in modo concitato la sua disperata situazione, la posizione approssimativa vicino al deposito e il documento fondamentale da consegnare agli infermieri entro quaranta minuti.
“Resta esattamente dove sei, signore. Abbiamo una vettura libera che si trova a soli cinque minuti dalla sua posizione. Confermo l’indirizzo di destinazione: studio medico, Piazza della Repubblica numero 12. È corretto?” La precisione della centrale operativa fu come un balsamo. Francesco annuì prima di ricordarsi di rispondere. “Sì! Grazie!” Attese pochi minuti interminabili nella gelida cabina, poi, come promesso, i fari gialli di una Mercedes si avvicinarono silenziosamente. Il tassista, un uomo anziano con fare tranquillizzante, fece un cenno: “Francesco per lo studio medico? Salga pure, facciamo una corsa tranquilla.” La città deserta fu attraversata con una perizia incredibile, tagliando scorciatoie solo un autista esperto poteva conoscere.
Alle 00:55, Francesco spinse la porta dello studio medico dove una guardia giurata aveva già in mano la busta raccomandata trovata nella cassetta della posta riservata. Alle tre meno cinque, mentre Francesco era ancora nello studio dopo aver parlato con il medico e firmato i documenti necessari, ricevette una chiamata sull’app dello specialista: sua madre era stata ufficialmente inserita nel programma. La sua gratitudine andò al medico, alla fortuna, ma soprattutto a quel faro giallo notturno che aveva sfidato l’isolamento metropolitano e aveva reso possibile l’impossibile: il Radio Taxi 24. Affidabile come un battito cardiaco nella notte cittadina.

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