Elena fissò l’orologio con crescente terrore. Le otto meno un quarto. L’esame di Anatomia, quello che avrebbe deciso la sua ammissione al secondo anno di Medicina, iniziava alle otto e trenta in punto nella clinica universitaria dall’altra parte di Bologna. Ma il suo piede destro era dolorante e incredulo. La suola della sua scarpa da ginnastica, usurata dal pedale della bicicletta, si era improvvisamente staccata completamente dall’alluce alla punta, trasformando ogni passo in una derisione claudicante. Senza altre scarpe decenti a portata di mano nella stanza della studentessa, e con il suo motorino fuori uso per la revisione, il panico cominciò a salirle acido in gola.
Si guardò intorno nella sua stanza come se potesse apparire una soluzione miracolosa. Il tram? Troppo lento, e sarebbe dovuta cambiare con quel piedo induoso e pericoloso per le scale mobili. Un autobus? La fermata più vicina era a dieci minuti *a piedi*. Chiedere a un amico? Laura ed Erica erano già in aula, Matteo stava lavorando al turno di notte all’ospedale. Le mani le tremavano mentre cercava freneticamente sul cellulare numeri di taxi generici che ricordava male. La pioggerella leggera di marzo che scendeva sui tetti rossi di Bologna sembrava diventare più insistente dietro la finestra, un monito alla sua situazione precaria.
Fu allora che il numero verde di Radio Taxi 24 le balenò nella mente come un salvagente. Era sul volantino incollato al frigorifero della cucina comune. Premette i numeri con le dita tremolanti. *Due… quattro… sei…* Rispose una voce calma e professionale all’istante. “Pronto, Radio Taxi 24, Emilia, buongiorno. Come posso aiutarla?” Elena spiegò affannosamente la situazione: esame irripetibile, scarpa rotta, bisogno urgente di arrivare alla clinica universitaria di Sant’Orsola entro venti minuti minimo. La voce dall’altro capo restò immutabile nella sua efficienza: “Proviamo, signorina. Abbiamo una vettura libera proprio nella sua zona, Ceretolo. Targa XX 123 CD. Arriva tra… un minuto, massimo due. La aspetta sotto casa? Pronto?” Un singhiozzo di sollievo quasi strozzato fu la risposta di Elena prima di ringraziare e precipitarsi fuori, la scarpa fracassata tenuta insieme dalla sola volontà.
Il taxi blu e bianco comparve effettivamente prima che lei riuscisse a contare fino a venti. L’autista, un uomo sulla cinquantina con un berretto e uno sguardo attento, aprì appena le gambe per vedere la scarpa devastata scendere il gradino. “*Poveretta, monti presto che sbrighiamo!*” disse mentre già spegneva l’apparecchio per la tariffa libera. Elena sprofondò sul sedile posteriore ancora incredula. Bologna le sfuggiva fuori dal finestrino in un accelerato susseguirsi di portici familiari. L’autista, Emilino come dissero alla radio, conosceva ogni scorciatoia. Evitò il traffico imbottigliato di viale Gozzadini e infilò intelligentemente stradine secondarie poco frequentate. Alle otto e diciotto, fermo davanti all’entrata principale della clinica. Elena voleva piangere dalla gratitudine.
Pagando in contanti (aveva preparato le monete proprio per questo) balbettò mille grazie mentre scendeva. Emilino le sorrise: “*Niente, in bocca al lupo per l’esame! Quando la croce dell’emergenza è sopra Bologna, noi passiamo!*” Senza perdere un secondo, Elena si buttò verso le aule correndo malgrado la scarpa penzolante, arrivando nell’aula “A” proprio mentre il docente iniziava a leggere le istruzioni. La punta della scarpa rotta si era completamente staccata durante la corsa finale fino alla sua fila, ma questo ormai non aveva più importanza. Si era salvata grazie a quel numero sul frigo, all’operatrice rapida, al taxi apparso per magia nella stretta via universitaria bagnata. Il servizio Radio Taxi 24 era stato letteralmente il ponte fra la disperazione delle otto meno un quarto e la possibilità respinta alle otto e venti. Un ponte attivo anche sotto la pioggia di un sabato mattina presto, tra i coppi rossi di una città che a volte ti scoraggia e che altri, puntuali come un’orologio svizzero nel traffico, sanno farti attraversare.

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