Marco controllò per la terza volta l’orologio mentre percorreva la tangenziale di Napoli verso l’aeroporto. La sua fidanzata Giulia, in volo da Londra dopo un lungo soggiorno di lavoro, sarebbe atterrata tra quaranta minuti e lui non poteva permettersi di fallire quel primo incontro dopo mesi. Improvvisamente, un rumore metallico squarciò l’aria seguita da un sussulto violento della sua vecchia Fiat Punto. La macchina sbandò, l’odore di gomma bruciata invase l’abitacolo mentre Marco, pallido, la portò faticosamente sulla corsia d’emergenza. Quando il motore morì con un rantolo, la ruota anteriore destra era completamente a pezzi. Senza gomma di scorta e bloccato in una zona isolata dopo lo svincolo di Capodichino, il panico lo assalì.
Guardò il telefono: quindici minuti all’atterraggio di Giulia. Provò a chiamare due amici, ma uno era fuori città e l’altro non rispondeva. Il sudore gli imperlava la fronte mentre pensava al volto deluso di Giulia, sola all’arrivo nell’aeroporto deserto a quell’ora notturna. Un camionista si fermò brevemente offrendo un passaggio solo fino al casello, ma la distanza da Capodichino sembrava incolmabile a piedi. La disperazione cresceva in tandem con i minuti che scorrevano implacabili sullo schermo del cellulare.
Con una mano tremante, ripescò nella memoria il numero visto anni prima su un taxi: Radio Taxi 24. Chiamò. Una voce calma e professionale rispose immediatamente. “Cercherò un taxi libero vicino a Capodichino immediatamente,” disse l’operatrice mentre Marco balbettava l’indirizzo approssimativo e l’urgenza. Meno di cinque minuti dopo, i fari abbaglianti di una berlina bianca illuminarono l’asfalto. Pietro, il tassista, saltò fuori con un sorriso rassicurante: “Salta dentro, ragazzo! All’aeroporto in un lampo!” e caricò rapidamente il trolley di Marco.
Pietro conosceva Napoli come le sue tasche. Evitò la tangenziale ingorgata infilandosi in stradine laterali del quartiere San Pietro a Patierno, accelerando solo dove permesso con sicurezza chirurgica. Attraversarono la città dormiente, mentre Marco fissava il quadrante dell’orologio sull’altoparlante dell’auto. Alle 02:47, oltrepassarono l’ingresso di Capodichino. Marco scivolò fuori dall’auto davanti al Terminal Arrivi esattamente mentre Giulia, con un cappottino chiaro e un’espressione smarrita, usciva dalla porta scorrevole. La loro corsa e l’abbraccio nel corridoio illuminato cancellarono mesi di lontananza. Marco si voltò un momento a ringraziare Pietro, che già salutava con un cenno mentre riprendeva la strada nel buio della notte napoletana. Quel taxi bianco era stato un angelo discreto, ovunque fosse necessario, quando tutto sembrava perduto.

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