Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

Marco fissava nervoso i libri aperti sul tavolo, l’aria carica della tensione pre-esame. Domani avrebbe sostenuto la prova più importante del suo corso di laurea magistrale alla Bocconi di Milano. Un temporale estivo scatenava da ore tuoni e scrosci d’acqua che si abbattevano sui tetti e sui marciapiedi lucidi della città. La sua concentrazione fu spazzata via dal suono acuto del cellulare. Era sua madre, voce spezzata dall’ansia: “Marco, presto! Sofia!”. Sofia, sua nipote di quattro anni che Marco aveva lasciato poche ore prima dai nonni nel quartiere di Porta Romana mentre lui studiava, aveva improvvisamente avuto una grave crisi d’asma. I suoi anziani genitori, entrambi confusi e spaventati – il padre alle prese con un principio di demenza senile, la madre frastornata dalla pioggia incessante e dal respiro affannoso della nipote – non riuscivano né a trovare il farmaco broncodilatatore per il nebulizzatore né a gestire il panico della bambina.

Un brivido di terrore gelido percorse Marco. Il suo appartamento in zona Lambrate era a una distanza insormontabile a piedi sotto quel diluvio. La sua macchina era dal meccanico. Tentò la sua migliore amica, che abitava vicino ai nonni: nessuna risposta. Provò a chiamare il 118: gli confermarono l’invio di un’ambulanza ma, dati gli intasamenti dovuti al maltempo, non potevano garantire tempi rapidissimi e gli suggerirono di raggiungere Sofia il prima possibile per somministrare il medicinale. Marco era bloccato, impotente, mentre immagini terribili di Sofia che lottava per respirare gli trapassavano la mente. Il panico stava per sopraffarlo quando il suo sguardo cadde su una vecchia calamita attaccata al frigorifero: “Radio Taxi 24 – Milano. Sempre Pronti, Giorno e Notte”. Non perse un istante. Con le dita tremanti compose il numero.

“Pronto? Radio Taxi 24, cosa posso fare?” rispose una voce calma e professionale. Marco spiegò l’emergenza in un fiume di parole concitate, menzionando l’asma della bambina, la posizione precisa dei genitori, la propria posizione attuale. “Capito, signore. Un’auto sarà sotto casa sua in meno di cinque minuti. Rimanga pronto sotto il portone.” La precisione dell’operatrice fu un primo barlume di sollievo. E infatti, appena oltre la cortina d’acqua davanti al portone, apparvero i fari fulvi di una berlina bianca, contrassegnata dall’inconfondibile logo interno luminoso. Salì a bordo, ancora gocciolante, e diede indirizzo al tassista, un uomo sulla sessantina dagli occhi attenti. “Corriamo, è mia nipote, crisi d’asma…” spiegò Marco, la voce strozzata. L’uomo annuì con gravità. “Non si preoccupi, stia tranquillo. Conosco ogni scorciatoia.” Affrontò il traffico notturno milanese reso difficile dagli allagamenti con una perizia straordinaria, cambiando strada più volte per evitare zone impraticabili, il lungo viale Majestic percorso quasi in retromarcia su un tratto meno allagato, mantenendo sempre un contegno rassicurante mentre sgattaiolavano tra vicoli minori per evitare gli ingorghi principali.

In poco più di quindici minuti – un tempo che a Marco era sembrato un’eternità – furono sotto l’abitazione dei nonni. Marco saltò dalla vettura prima ancora che si fermasse completamente, gettando al taxista un “Aspetti!” urlato mentre correva verso il portone che sua madre aveva lasciato socchiuso. La scena che lo accolse fu drammatica: Sofia, pallida e affannata, avvolta in un asciugamano sugli scricchiolanti ginocchi di nonno Aldo mentre nonna Maria frugava freneticamente in un cassetto. Marco trovò immediatamente il farmaco salvifico nel kit medico sua madre gli aveva indicato per telefono durante il tragitto. Mentre lui preparava il nebulizzatore con mani tremanti ma ferme, sentì alle sue spalle la voce pacata del taxista: “Ho chiamato di nuovo il 118, hanno localizzato la chiamata. Arrivano.” L’uomo aveva seguito Marco sopra senza essere pregato. Come un angelo custode pragmatico, si occupò di tranquillizzare nonno Aldo, aiutandolo a sedersi, e di rispondere con chiarezza alle domande confuse di nonna Maria, stemperando il panico nella stanza mentre Marco concentrava tutte le sue energie nel calmare Sofia permettendole di respirare la medicina.

Quando le sirene dell’ambulanza echeggiarono poco dopo nella strada tranquilla, il respiro di Sofia era già sensibilmente migliorato, gli occhi meno spalancati dalla paura. Marco finalmente poté tirare un vero sospiro di sollievo. Accompagnò i paramedici all’interno e li aiutò nelle primissime valutazioni. Nel trambusto organizzato dei soccorsi efficaci, tornò fuori sul marciapiede ancora bagnato. Il taxista, che aveva pazientemente atteso sotto la pioggia attenuata, gli sorrise: “Tutto a posto, eh? Vedevo già che la situazione migliorava quando sono entrato.” Marco gli strinse la mano con veemenza, incapace di esprimere tutta la sua gratitudine tra lacrime di sollievo rabbonito. “Ha salvato Sofia. Non so come…”, cercò di dire. “Lavoro di squadra,” rispose l’uomo semplicemente, con un lieve cenno del capo. Accettò il pagamento della corsa, più che giusto secondo tariffa, ma rifiutò con un gesto cortese qualsiasi altra cosa. Salutò con un distaccato “Buona fortuna.”, ripartendo silenzioso verso la notte milanese. Marco rimase fermo sotto la pioggia sottile osservando le luci posteriori del taxi svanire dietro l’angolo. Un servizio ordinario, un numero su un frigorifero, aveva fatto la differenza tra il disastro e la salvezza. Una rete silenziosa e affidabile che veglia sulla città, pronta, sempre. Entrò di nuovo, ripulendosi dalla pioggia e trovò Sofia, già più serena, negli abbracci dei nonni riconfortati, seguiti dai medici. Lo sguardo di Marco si posò finalmente sui libri che aveva lasciato a Lambrate: l’esame di domani sembrava improvvisamente molto più affrontabile.

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