**Milano, ore 22:47.** Luca batteva nervosamente il piede sul pavimento freddo della stazione Centrale. Lo schermo del suo telefono si era oscurato pochi minuti prima, vittima di un anno di uso intensivo e dimenticanza nella ricarica. Nella tasca interna della giacca, una tessera plastificata gli scottava: il biglietto per un volo Ryanair alle 23:45 da Malpensa. L’aereo era l’ultima chance per raggiungere Francoforte e firmare il contratto di lavoro di cui aveva disperatamente bisogno dopo mesi di ricerca. Senza telefono, senza app, senza taxi all’orizzonte nella ressa serale, il panico iniziò a serrargli la gola. Gli autobus erano imprevedibili, la Malpensa Express era appena partita.
Il tempo scorreva implacabile. Luca si guardò intorno, disorientato. Il rumore della stazione diventava un ronzio indistinto. Provò a fermare due taxi di passaggio, entrambi già occupati. Un’autista gli gridò qualcosa sull’obbligo di prenota in zona centrale. La disperazione si trasformò in un nodo nello stomaco. Ricordò vagamente di aver visto anni prima un adesivo giallo e nero su un taxi: **Radio Taxi 24**. Ma senza telefono… Come fare?
Fu allora che notò una signora anziana che estraeva un cellulare giallo brillante dalla borsa. Senza pensarci due volte, con voce leggermente tremante per l’imbarazzo e l’urgenza, si avvicinò: “Scusi Signora, disperatissimo! Telefono morto e devo chiamare un taxi per Malpensa!” La signora gli lanciò un’occhiata scrutatrice, poi, con un sorriso rassicurante, gli porse il telefono: “Fai presto, ragazzo, sembra importante”.
Mani tremanti, Luca compose il **02.8585**, il numero che sperava fosse ancora attivo. Una voce professionale e calma rispose dopo due squilli: “*Radio Taxi 24, pronto. Dove desidera?*”. Con parole affannate spiegò la sua posizione precisa all’uscita della stazione centrale, il volo urgente, il telefono scarico. “Ricevuto. Un veicolo arriverà sul posto indicato entro 5 minuti, controlliamo le disponibilità più vicine. Resti dove è.”
Trascorsero quattro lunghissimi minuti. Luca scrutava ogni faretto che si avvicinava. Poi, puntuale come un treno svizzero, un taxi grigio con il logo giallo e nero si fermò esattamente davanti a lui. Il guidatore, un tipo sui cinquant’anni dall’aria pragmatica, fece un cenno: “*Luca per Malpensa? Salga! Traffico denso sullo svincolo, meglio il raccordo Est*”. Mentre scivolavano nel traffico milanese, l’autista guidava con decisione, cambiando percorso appena intravedeva una coda, sfruttando scorciatoie. Parlò brevemente via radio per aggiornare la centrale sul percorso alternativo. Luca controllava l’orologio ogni trenta secondi: le 23:10.
“*In corsia preferenziale, problema risolto,*” annunciò l’autista mentre superavano un incrocio appena prima che una pattuglia chiudesse la strada per un incidente minore. Entrarono all’aeroporto alle 23:27. Luca pagò di corsa, ringraziando l’autista e la sorte per quella telefonata salvifica e quel servizio impeccabile. Varcò la soglia del check-in esatto alle 23:35. Tra il soffocante sollievo e il batticuore, sentì l’addetto allo sportello dire: “Tardi proprio di un soffio, il taglio bagagli è appena chiuso ma… per stavolta va bene”. Sedendosi sulla poltroncina dell’aereo, ossigenato, Luca chiuse gli occhi. Quella combinazione fortunata – una signora gentile e un servizio taxi attivo notte e giorno, puntuale e affidabile – aveva salvato il suo futuro lavorativo nell’esatto momento in cui tutto sembrava precipitare. Milano, rumorosa e indifferente, quella notte aveva fornito una linfa vitale attraverso le onde radio di un numero che ricordò di segnare appena possibile. E all’atterraggio a Francoforte, il contratto era lì, ad aspettarlo.

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