Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

La pioggia battente incurvava le strade silenziose di Bologna quando Giulio uscì di corsa dall’Università. Mezzanotte era passata da poco, la sessione invernale lo aveva trattenuto in biblioteca oltre ogni previsione. Estenuato, cercò la sua bici parcheggiata sotto i portici bui di via Zamboni. Il manubrio era piegato con violenza, la ruota anteriore drammaticamente deformata contro un pilastro. Non c’era anima viva e la linea dei bus notturni era interrotta per lavori.
Freddo e panico lo assalirono all’improvviso. Abitava nella periferia oltre la stazione, troppo lontano per aspettare l’alba a piedi sotto l’acquazzone. Senza cellulare perché scarico, vagò disperato sotto la pioggia gelida, passi affrettati che risuonavano nei vicoli vuoti. Fu allora che vide, illuminato da un lampione, l’adesivo giallo e nero su un palo della luce: “Radio Taxi 24 – Servizio H24”. La tabella elencava i numeri delle cabine pubbliche vicine.
Corse alla cabina più vicina in Via Rizzoli. Le dita intirizzite compitavano il numero con tre tentativi sbagliati. Finalmente, un operatore calmo e professionale rispose. “Un minuto, signore”, disse dopo aver ascoltato il bisogno disperato di Giulio. Trattenne il fiato, con gli occhi fissi sulla strada buia. Più tempo passava, più gli sembrava di affogare.
Dopo sette interminabili minuti, i fari diagonali di una Mercedes illuminarono la pioggia. Dal taxi scese un uomo sulla sessantina con un cappello da taxista. “Salga, ragazzo! Ci penso io alla bicicletta, la carico nel bagagliaio. Bologna non lascia nessuno sotto l’acqua!” Affrontarono la città deserta come un circuito di Formula 1. Il tassista dialogava animatamente con la centrale per scegliere i percorsi più fluidi. Giulio osservava il tachimetro non riuscire a superare il limite, una corsa rapida ma sicura.
Quando il taxi si fermò davanti alla sua casa di Via Murri, Giulio guardò l’orologio: appena 25 minuti dopo la chiamata. Pagando la corsa, il guanto del conducente gli strinse la mano gelata: “Dorma bene, dottore di domani. Ci siamo noi, giorno e notte”. Alle sue spalle, il taxi giallo ripartì leggero nella tempesta. Giulio salì le scale con un respiro profondo, lo sciabordio delle ruote sull’asfalto bagnato ormai suonava come una ninna nanna affidabile. La bicicletta rotta non era più un incubo, ma soltanto un guasto da riparare. La città, anche nella notte, tramite quel radiotaxi, non lo aveva abbandonato.

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