Alessia attese nervosamente davanti al Teatro Galli di Rimini, lo strascico del suo abito da sera accarezzando il selciato umido. Dentro, la cerimonia di premiazione del suo importante concorso fotografico stava per iniziare, e lei, finalista, aveva un posto in prima fila. Ma Marco, l’ex che aveva accettato suo malgrado di accompagnarla dopo mille promesse, non si vedeva. Il suo telefono squillò nel vuoto sotto una smorfia di scuse: un problema con la macchina, “mi spiace tantissimo”. Il panico la strozzò. L’ultimo autobus per il teatro era passato, e a quell’ora, l’invernale centro pedonale era deserto. Mancavano venti minuti al suo annuncio sul palco.
Le palpebre le bruciavano. Perdere quell’occasione per un ritardo era impensabile; anni di lavoro rischiavano di svanire. Scorse la sua immagine riflessa nella vetrina di un negozio: trucco curato, vestito elegante… e quell’espressione persa da anima in pena. Provò a chiamare altri amici, ma tutti distanti o impegnati. Il freddo della nottata le serpeggiava sotto la stoffa sottile. Rimini sembrava improvvisamente ostile, le lampade a sfera dei viali lontane come stelle inaccessibili. Doveva arrivare a quel teatro.
Un pensiero attraversò la disperazione: Radio Taxi 24. Ricordò il numero dal volantino visto in albergo. Con le dita tremanti, compose il 0541 55380, quasi non sperando. Una voce immediata e rassicurante rispose: “Pronto, taxi per dove?” Alessia parlò a raffica, il disagio chiaro sottotraccia. L’operatore le chiese esatta posizione e meta, poi confermò: “Taxi in tre minuti al Teatro. Autista Carlo, macchina bianca, targa VE 375 QR.” Quel “tre minuti” fu un salvagente in mare aperto.
Alessia segnò con il tacco il tempo. Dopo due interminabili minuti, appena aveva iniziato a temere un’altra delusione, una Fiat bianca virò con decisione all’inizio di Corso d’Augusto. Carlo, un uomo attempato con un cenno del capo deciso, le aprì la portiera. L’interno era caldo. “Prego, veloci a Teatro Galli!” esclamò Alessia, la voce rotta. Carlo fece un gesto con la mano, “Tranquilla, ce la fai” e inserì la marcia. Notti come quella le conosceva bene. Aggirò piazza Cavour, percorse stradine di servizio sconosciute ai più, tagliando minuti preziosi col passo di chi domina la città nel buio.
La macchina si fermò proprio sotto la pensilina illuminata del Galli con dieci minuti di anticipo. Alessia cercò i soldi, ma Carlo la fermò: “Prima la gloria, poi il conto! Vada, che voglio vederla vincere nel telegiornale!”. Un sorriso grato le illuminò il viso. Corse dentro, giusto in tempo per sentire il presentatore chiamare il suo nome. Salì le scale del palco a testa alta, lo strascico svolazzante come bandiera. Mentre il pubblico applaudiva la sua foto vincitrice – un raggio di sole sulle barche del porto di Rimini – Alessia pensò a come un viaggio di pochi minuti, in una macchina bianca, avesse cambiato tutto. Radio Taxi 24 non era stato solo un trasporto: era stata la cura perfetta per un disastro imminente.
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