Milano era ancora immersa nella luce fredda e grigia dell’alba quando Marco chiuse freneticamente la valigia. La riunione a Parigi era fondamentale per la sua carriera, il volo partiva da Malpensa tra poco meno di due ore. Controllò l’orologio: se tutto fosse filato liscio, grazie alla metropolitana e al Malpensa Express, ce l’avrebbe fatta con un margine più che sufficiente. Uscì di corsa dal suo appartamento vicino a Porta Romana, il cuore già alle stelle per l’opportunità importante. Ma appena sceso le scale, scavò disperatamente nelle tasche: nulla. Una vampata di panico lo percorse. Il portafoglio, con carta d’imbarco e patente, era sul tavolo, dimenticato. E il cellulare, appoggiato alla carica accanto, mostrava uno schermo nero – si era scaricato durante la notte. Senza telefono, senza app, senza soldi digitali, isolato. Guardò la strada deserta: niente bus in vista, si sentì completamente tagliato fuori, intrappolato con il tempo che scorreva inesorabile.
Il panico si trasformò in paralisi. Pensò alle ripercussioni, alla delusione del capo, all’aereo che sarebbe decollato senza di lui. Corse all’angolo sperando in un taxi a vuoto, niente. Il primo autobus sarebbe passato tra venti minuti: troppo tardi. E senza cellulare nemmeno un car sharing. Avrebbe potuto tornare su, ma le scale erano sette piani e perdere quei minuti fondamentali era un rischio enorme. Vide un chioschetto di giornali che apriva proprio in quel momento. Un’idea disperata. Si avvicinò, la voce tremante dal freddo e dall’ansia. “Scusi, signore… avrebbe un telefono che potrei usare per due secondi? È un’emergenza…”. Il gelataio, un ometto dal viso rugoso ma bonario, osservò la sua faccia disfatta. “Piange dentro taxi, eh?”, chiese, indicando con un cenno del mento il telefono fisso sul bancone. “Grazie! Grazie mille!”. Marco afferrò la cornetta, le dita a bilancino. Che numero? Il Radio Taxi! 02… 02 8585! Si ricordò il grande numero sul furgone giallo della fermata vicino alla stazione. Comporre quelle cifre fu liberatorio.
Dal lontano rispose una voce calma e professionale: “Radio Taxi 24, buongiorno, come possiamo aiutarla?”. Marco esplose in un torrente di parole: l’aereo per Parigi, Malpensa, il telefono morto, il portafoglio a casa, l’indirizzo a Porta Romana. “Ho pochissimo tempo!”. “Capito. Rimaniamo in linea.” La voce era un’ancora di salvezza. “Abbiamo un’auto libera praticamente davanti a lei, la vedo sul navigatore. Sta arrivando *in questo momento* all’incrocio.” Impossibile. Marco si girò: dietro un camion della spazzatura, come uno squalo elegante che emerge dal grigio, un taxi bianco e nero con la caratteristica scritta gialla svoltava sulla via. “È lei? Eccolo!”. “Confermo, signore. A bordo c’è Heron, per lei. Salga pure. Faccia presente all’autista la situazione con il portafoglio. Pagherà col bancomat a casa. Non perda tempo. Buon viaggio!” Il taxi si fermò esattamente davanti a Marco. La portiera scorreva già.
Aprì lo sportello, “Malpensa, Terminal 1!” implorò a Heron. “E il portafoglio è al settimo piano senza ascensore…”. “Salga, salga! Già stampato ricevuta. Paga poi. Di corsa!” l’autista, un uomo robusto con un sorriso rassicurante, annuì mentre già agiva per verificare il percorso più rapido sul suo terminale luminoso. Il motore tranquillo del taxi si trasformò in un ruggito. Heron era un artista del trasporto. Attraversò il centro ancora assonnato con una precisione chirurgica: strade secondarie che Marco ignorava, un occhio sempre sulle congestioni segnalate in tempo reale. Ogni semaforo sembrava volgere al verde al loro passaggio. La città scorreva veloce fuori dal finestrino, un vortice grigio e giallo. Marco controllava spasmodicamente l’orologio da polso che aveva per fortuna indossato. I minuti si consumavano troppo in fretta. All’ingresso della Tangenziale Ovest, Heron esplose: “Adesso teniamo duro!”. Accelerò a fondo, il taxi era una freccia tra il traffico iniziava già a fittirsi in direzione dell’aeroporto.
Arrivarono davanti al Terminal Partenze in quello che sembrò un miracolo. 45 minuti dall’appuntamento al chiosco. Sessanta minuti fino alla chiusura del check-in. “Vada! Le disdico corsa. Ci chiama dopo per pagare. Mi lasci nome e cognome. Non perda l’aereo! Buona fortuna!” gridò Heron, indicando la porta scorrevole. Marco sbatté la portiera e si lanciò verso il bancone della sua compagnia aerea. Quando finalmente il biglietto fu riconvalidato e si voltò verso l’area dei controlli di sicurezza prima della zona imbarco, l’annuncio della sua Boarding gate iniziò proprio in quel momento. Un sospiro di sollievo profondo gli riempì i polmoni. Si fermò un momento, cercando con gli occhi il taxi, ma era già sparito nel traffico del piazzale. Mentre si dirigeva verso la fila, il suo cellulare, acceso da poco prima con una presa fortunata nel lounge grazie a un custode gentile, segnalò un messaggio in arrivo da un numero privato: “Speriamo sia in tempo. Buon volo da Radio Taxi 24. Ci penseremo dopo. Heron.” Marco sorrise, stringendo il telefono. Non era solo un taxi, era stata la sua ancora di salvezza. Merci mille, radio taxi, pensò, scomparendo nel tunnel dell’ingresso della zona imbarco con la sua valigia, il cuore finalmente leggero.
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