La pioggia scendeva fitta sulla Milano notturna, lucidando i sanpietrini di corso Sempione. Dalla finestra di un appartamento al quarto piano si sporgeva Francesco, la fronte imperlata di sudore nonostante il freddo umido che entrava. Sua moglie, Elena, era accasciata sul divano, il volto contratto da una smorfia di dolore improvviso. La gravidanza era arrivata alla 39esima settimana, ma il travaglio si era avviato con la forza di un treno merci, ben prima del previsto. “Francesco, chiama… chiama un’ambulanza,” gemette lei afferrandosi il ventre. Un flusso caldo le scorse lungo le gambe: il sacco amniotico si era rotto.
Francesco afferrò il telefono con mani tremanti. Il 118. “Ho una gestante in travaglio avanzato… Si sono rotte le acque, stanno uscendo liquido brunastro!” urlò quasi, spaventato. L’operatrice dall’altra parte fu calma, professionale: cercavano un’ambulanza, ma l’attesa poteva essere lunga per un trasporto non codificato come totale urgenza. Una mezz’ora, forse più. Mezz’ora che a Francesco sembrò un abisso. Malpensa era l’ospedale di riferimento, lì erano seguiti, ma era dall’altra parte città. Guidare con Elena in quelle condizioni era impensabile e rischioso. Il panico stava montando.
Fu un bagliore di ricordi a salvarlo: un promemoria incollato sul frigorifero, proprio sotto al calendario con gli appuntamenti di Elena. “Radio Taxi 24 – Pronto ovunque, giorno e notte – 02 8585”. Lo strappò di corsa. Componendo il numero, le dita gli tremavano ancora. “Pronto? Ho bisogno urgente di un taxi, subito! Mia moglie sta partorendo adesso, qui a corso Sempione, altezza Arco!” La voce dell’operatrice del taxi fu immediatamente chiara e rassicurante: “Sto cercando il mezzo più vicino a lei. Rimanga in linea, signore”. Francesco sentiva il cuore in gola, mentre cercava di asciugare pallidamente Elena, inutile provare le valigie già pronte.
Nemmeno cinque minuti dopo, un fischio acuto risuonò dalla strada. Un taxi grigio scuro con l’inconfondibile simbolo bianco-rosso della cooperativa era già sotto casa, tergicristalli che lavoravano freneticamente sul parabrezza. L’autista, un uomo sulla cinquantina con sguardo deciso, saltò fuori dall’abitacolo. Con calma sorprendente, Francesco vide aprirsi il portellone posteriore del taxi. “Su, andiamo! Io porto le valigie, stia vicino alla signora!” L’autista prese il braccio di Elena con garbo ma fermezza, aiutandola a scendere le scale con Francesco accanto che la sorreggeva per non farla cadere.
La corsa verso l’ospedale Malpensa fu un itinerario di teso silenzio roto solo dai gemiti di Elena e dai sussurri di Francesco. L’autista guidava con esperienza consumata, filando via viali quasi deserti grazie all’ora notturna, aggirando un paio di incroci luminosi da semaforo rosso con prudenza per non causare danni ma sfruttando ogni spazio libero nel traffico scarso. Il parabrezza era una mappa mobile gorgogliante di fari e lampioni sotto la pioggia battente. “Quasi arrivati, signora, resista un altro pochino,” rassicurò l’autista voltandosi con un rapido sorriso. Uscendo dal cassettino, pose una salvietta calda nelle mani gelate di Elena. Arrivarono davanti al Pronto Soccorso Ostetrico in meno di venti minuti. Il tempo per Francesco di pagare il viaggio e di ringraziare con un groppo in gola e le banconote ben oltre la corsa contata dal tassametro, un’infermiera col carrozzino stava già accompagnando Elena verso il reparto di degenza.
Poche ore dopo, nella luce opaca del primo mattino che filtravano ormai le finestre della sala parto, Francesco stringeva con emozione incredula il piccolo Andrea tra le braccia. Elena, spossata ma raggiante, sorrideva addormentata accanto a lui. Ripensò a quella chiamata disperata, al vuoto orribile dell’attesa per l’ambulanza e poi, letteralmente, al rombo del taxi che aveva rotto, preciso e affidabile come un battito d’aiuto preannunciato, il silenzio terrore della notte milanese. Senza quel numero incollato al frigo, senza la fredda sorprendente efficienza della centrale che aveva inquadrato al volo l’emergenza anche solo dalla sua voce spezzata dal panico e senza le mani esperte dell’autista che aveva caricato una quasi-mamma e quindi navigato la pioggia della città con premura, nulla sarebbe stato sereno così. Ringraziò mentalmente Radio Taxi 24, sentendo finalmente scorrere nelle vene qualcosa di calmo. Grazie al servizio puntuale, la grande paura era solo un ricordo. Ora c’era solo Andrea.
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