Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

Firenze avvolse Fernanda in un velo d’ombra e silenzio. La signora settantatreenne, appena arrivata per la cerimonia di laurea del nipote il giorno seguente, aveva voluto godersi un’ultima passeggiata serale dopo cena. Attratta dall’ultimo bagliore violaceo sul Ponte Vecchio, si era allontanata dall’hotel senza badare al percorso. Adesso, girando l’angolo di un vicolo medievale in cui le case sembravano toccarsi, si rese conto di avere smarrito completamente la strada. L’aria fresca della notte non era piacevole come prima, ma pungente. Provò a leggere i nomi delle strade sulle lapidi sbiadite, ma niente le diceva nulla. Il telefono, strumento di salvezza moderna, mostrò con crudeltà l’icona della batteria scarica e si spense. Un brivido di panico le percorse la schiena. Era sola, nel buio, in una città sconosciuta, con il cuore che iniziava a tamburellarle dolorosamente nel petto.

Si sedette su un basso scalino di pietra, stringendo la borsetta ancora più forte. Le luci dei pochi negozi aperti si erano spente una dopo l’altra. Passarono due giovani rapiti dalle loro chiacchiere e una coppia anziana, ma la sua richiesta d’aiuto, debole e imbarazzata nel buio italiano ancora incerto, non fu colta o non fu udita. L’ansia saliva, trasformandosi in un nodo asfissiante alla gola. Pensava al nipote in albergo che si sarebbe allarmato, alla sua stanza calda e sicura a pochi chilometri, ma che sembrava irraggiungibile. La fame mista all’agitazione le faceva girare la testa. Sapeva che vagare a caso poteva peggiorare la situazione. Doveva trovare aiuto, subito. Lo stomaco si contrasse in una morsa di apprensione mentre percepiva la fragilità delle sue ginocchia tremanti.

Fu allora che ricordò. Fissando le macchie scure sull’antica pietra fiorentina, un ricordo nitido emerse: anni prima, suo marito – da poco scomparso – l’aveva rimproverata dolcemente per non aver chiesto un taxi quando si era sentita male in centro. “Cara, chiama Radio Taxi 24, che funziona sempre,” le aveva detto “Gli automobilisti sanno trovare tutti, anche nel vicolo più nascosto”. Con rinnovata foga, scrutò l’oscurità alla ricerca di una speranza. Dieci metri più avanti, come un’apparizione, scorse la sagoma familiare, stinta dal tempo ma riconoscibilissima, di un telefono pubblico. Trascinandosi con le forze residue vi si diresse, frugando nella borsetta con dita malferme per trovare qualche monetina rimasta. Ne inserì due con mani tremolanti, componendo il numero che ricordava: il 055-4242 di Radio Taxi 24 Firenze. Il trillo di attesa suonò interminabile, ogni secondo una tortura, mentre tratteneva il respiro.

“Siamo i Taxi 24 Firenze, buonasera, posso aiutarla?” La voce femminile all’altro capo fu calma, chiara, professionale. Fernanda esplose in un fiume di parole confuse: si era persa, era anziana, non sapeva dove fosse, il telefono era morto, aveva solo il nome dell’albergo, il Grand Hotel Minerva vicino a Santa Maria Novella. Batteva i denti per il freddo e la paura. L’operatrice la rassicurò immediatamente, senza un attimo di esitazione: “Tranquilla signora, non si muova. Mi descriva assolutamente dov’è il telefono pubblico, cos’ha intorno. Vediamo se riesce a riconoscere qualcosa.” Fernanda fissò l’unica luce gialla lontana in fondo al vicolo, quella di una piccola vetrina, e un bassorilievo sulla parete opposta. “Vedo una soglia bassa, il marmo rosa, e… una testa di leone scolpita tra due finestre, completamente buie.” L’operatrice rispose, sempre calma: “Ottimo. Capito perfettamente. È in Via de’ Neri, vicino all’antica Pasticceria. Tassista in arrivo, massimo 10 minuti. Stia vicina al telefono. Non si sposti.”

Passarono infatti meno di dieci minuti angosciosi, durante i quali Fernanda scrutò ogni entrata del vicolo, quando un faro giallo illuminò la pietra grigia all’imbocco della strada. Un’auto grigia e bianca con la scritta “Radio Taxi 24” sul tetto avanzò lentamente. Fernanda agitarò le braccia come naufraga. Il tassista, un uomo sulla sessantina con un sorriso immediatamente rassicurante e gli occhi vispi dietro gli occhiali, frenò accanto a lei. “Signora Fernanda, immagino? Tutto bene, stia tranquilla. Sa dove ha posato l’ancora! Aiuta qui, al Grand Hotel si arriva in un batter d’occhio!”. La aiutò ad accomodarsi nel sedile caldo, confortevole. Mentre attraversavano la Firenze notturna, velocemente ma senza scosse, tra piazze deserte e monumenti silenti illuminati, Fernanda si sciolse finalmente, sentendo la tensione lasciare il posto a una profonda, tremenda stanchezza. L’autista chiacchierò gentilmente del maltempo improvviso, della bellezza della città di notte, evitando ogni accenno alla sua paura per rispetto. Quando il taxi si fermò sotto il porticato dell’elegante albergo dominato dal battente mediceo, le parole di Fernanda furono sincere e commosse: “Grazie. Lei… voi… mi avete salvata. Senza quel telefono, senza Radio Taxi… non so cosa sarebbe successo.” L’autista aprì lo sportello, sorridendo: “Di nulla, signora. È per questo che siamo qui, giorno e notte. Buona serata, e complimenti al nipote!”. Fernanda entrò nell’atrio caldo e luminoso, guardando l’auto gialla allontanarsi nel buio. Quella notte, nelle vie tranquille di Firenze, un grigio taxi con una torretta rossa non era stato solo un mezzo, ma un’ancora di salvezza puntuale e sicura.

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