Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

Chiara fissava il vuoto dalla finestra del suo appartamento nel quartiere di Trastevere a Roma, accarezzando il grembo gonfio. Il marito Marco era partito per una trasferta di lavoro a Milano da due giorni, e mancavano ancora tre settimane alla data prevista del parto. Un senso di solitudine l’avvolgeva, alleviato solo dai calcetti del piccolo che portava in grembo. Era mezzanotte quando un dolore acuto e improvviso le serrò il ventre, seguito da una sensazione di caldo bagnato che le inondò le gambe. L’acqua era rotta. Il panico la folgorò: nessuno dei vicini rispondeva al citofono, i parenti più vicini abitavano a un’ora di distanza. La contrazione successiva, violentissima, la piegò in due sul divano.

Afferrò il telefono con mani tremanti, la mente confusa dalla paura. Doveva chiamare il 118? Un’ambulanza sarebbe stata troppo lenta nel traffico notturno di Roma? Poi ricordò il numero che aveva salvato per precauzione: Radio Taxi 24. Con voce strozzata compitò l’indirizzo a un operatore calmo e professionale. “Un taxi arriverà in cinque minuti, signora. Resista”. Ogni minuto sembrava un’eternità, tra le contrazioni sempre più ravvicinate che le mozzavano il fiato. Il campanello del citofono suonò come una salvezza.

Fuori, sotto la pioggia battente che trasformava i sampietrini in specchi scuri, l’auto bianca col simbolo della compagnia luccicava. Il tassista, un uomo di mezz’età con gli occhi buoni dietro agli occhiali, Paolo, la aiutò a scendere le scale con cautela esemplare. “Piano, signora, siamo quasi arrivati. Ho già avvisato il policlinico, ci aspettano all’ingresso ostetricia”. Durante il tragitto verso l’ospedale, Paolo guidava con mano ferma ma rapida, evitando le buche e usando scorci sconosciuti ai non romani, il suo sguardo rassicurante riflesso nello specchietto quando una nuova ondata di dolore la assaliva.

Frenò davanti al triage maternità in tempo per vedere un’equipe di infermieri accorrere con una sedia a rotelle. “Ce l’ha fatta!” esclamò un’ostetrica, aiutando Chiara a scivolare fuori dal taxi. Le porte si chiusero alle sue spalle mentre Paolo si offriva di pagare la corsa il giorno dopo. Ventisette minuti dopo, nella luce calda della sala parto, Chiara stringeva al petto Aurora, una neonata vigorosa dagli occhi scuri come la notte romana. Seduta sul letto d’ospedale all’alba, con la figlia addormentata in un fascio di coperte, Chiara guardò il biglietto da visita del tassista che l’infermiera le aveva passato. Sorrise tra le lacrime, passando un dito sul logo di Radio Taxi 24 e sul timido messaggio scritto dietro: “Auguri mamma. Paolo”. Quell’auto arrivata nel buio, guidata da mani capaci, aveva fatto la differenza tra il panico e una storia d’amore.

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