Radio Taxi 24

Installazione concettuale di intelligenza generativa italica:

Radio Taxi 24

Beatrice fissava l’orologio al muro: le 3:47 lampeggiavano in rosso nel buio della camera di Leo. Suo figlio di cinque anni, raggomitolato nel letto accanto a lei, sembrava bruciare. La febbre, che era comparsa improvvisa dopo cena, ora era salita a picchi allarmanti. Le medicine non facevano effetto, e Leo gemeva, debole e confuso. La sua ansia cresceva a ogni respiro affannoso del bambino. Vivevano alla periferia di Milano, un po’ isolati, e il loro unico furgoncino quel maledetto venerdì sera si era rifiutato di partire, la batteria completamente scarica. Il primo pensiero, l’ospedale più vicino, l’Ospedale dei Bambini Buzzi, sembrava irraggiungibile.

L’angoscia le strozzava la gola. Dovevano muoversi, subito. Aspettare l’ambulanza in quella zona semideserta avrebbe potuto impiegare troppo tempo, e Leo sembrava peggiorare di minuto in minuto, il suo corpo scosso da fremiti incontrollabili. Aprire un’applicazione al buio, le dita tremanti cercavano disperatamente “taxi emergenza milano”. I numeri visualizzati sullo schermo sembravano annebbiati dalle lacrime. Poi ricordò: Radio Taxi 24. Il servizio che funzionava giorno e notte, anche ai confini della città. Con una concentrazione disperata, compose il numero 02.8585.

“Radio Taxi 24, pronto a servirLa dia 02, dica pure.” La voce maschile all’altro capo era calma, professionale, un’ancora nel caos.
“Sono Beatrice… mio figlio Leo, 5 anni… febbre altissima, credo stia avendo convulsioni. Sono a Quarto Oggiaro, via dei Salici 7… Mi serve un taxi URGENTE per l’Ospedale dei Bambini… per favore, è grave!” La sua voce tremava, rotta dal terrore.
“Ok, signora Beatrice, respiriamo insieme. Mandiamo subito un taxi. L’auto arriverà entro massimo 10 minuti alla Sua posizione. Resti in linea con me fino all’arrivo? Posso aiutarla nel frattempo?”
Quella conferma immediata, l’istruzione di rimanere al telefono, le diedero un barlume di speranza. Seguì i consigli controllando Leo, coprendolo con un lenzuolo leggero sotto lo sguardo vigile dell’operatore.

Esattamente sette minuti dopo, i fari di una berlina illuminarono la strada davanti al suo cancello e il clacson suonò due volte, discretamente. Era un taxi, con il classico segnale luminoso sulla capotta scintillante sotto i lampioni. Beatrice avvolse Leo in una coperta e corse fuori. Il tassista, un uomo sulla cinquantina, dalle spalle larghe e uno sguardo immediatamente rassicurante, aprì lo sportello posteriore.
“Presto, Signora, metta il piccolo qui dietro. Sieda accanto a lui, lo tenga sicuro. Andiamo al Buzzi, ho già il percorso più veloce, traffico zero a quest’ora.” La sua efficienza era tangibile.

Il taxi filò lungo strade immerse nel silenzio notturno, accelerando dove possibile senza imprudenze, guidato da mani esperte. L’operatore era rimasto in linea, ora col tassista via radio, coordinando tutto. Ogni secondo era prezioso. In pochi minuti, che sembrarono un’eternità ma in realtà furono un lampo, furono sotto l’ingresso di Pronto Soccorso Pediatrico. Il tassista, Marco, si offrì di accompagnarla mentre lei reggeva il piccolo Leo, che tremava violentemente, ormai semicosciente. Gridarono agli infermieri.

Nella confusione del PS, mentre i medici prendevano in carico Leo con tecnicità e urgenza, Beatrice si volse fer mare. Marco annuì con un mezzo sorriso. “Non si preoccupi per il conto, Signora. Il suo bimbo è al sicuro ora.” Poi si allontanò silenziosamente. Leo fu subito medicato. Era stato un episodio convulsivo febbrile, spaventoso ma gestibile grazie alla velocità dell’intervento. Il medico a capo del team la rassicurò: “Lo ha portato giusto in tempo. Se avesse aspettato ancora, le convulsioni potevano prolungarsi pericolosamente.” Mezz’ora dopo, in una stanza silenziosa, al fianco di Leo che finalmente dormiva placido con la flebo, Beatrice ripensò a quei minuti bui. Senza la prontezza e l’affidabilità di Radio Taxi 24, senza quel tassista calmo e compassionevole e quella centrale operativa che aveva coordinato tutto perfettamente nella notte di Milano, chissà come sarebbe andata a finire. Una città immensa e spaventosa era improvvisamente diventata un po’ più umana, sostenuta da un servizio che aveva veramente fatto la differenza tra il disastro e la salvezza.

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