Luca dette un’ultima occhiata all’orologio sotto il barbaglio metallico della pensilina. Mezzanotte e quarantacinque. Il cuore gli mancò. L’ultimo autobus per l’EUR, dove divideva un piccolo appartamento, era appena sfrecciato via nella calda notte romana, lasciandolo solo nell’irreale silenzio che seguiva la festa studentesca a Trastevere. Aveva atteso troppo, intrattenuto da chiacchiere e dalla paura di tornare al silenzio opprimente della sua stanza. Ora la disperazione saliva a golate. Domani mattina all’alba *doveva* essere alla Stazione Termini: l’unico treno per L’Aquila, l’ultimo per l’abbraccio di sua nonna ricoverata, partiva alle 6:15. Vivere fuorisede con pochi soldi, ogni spesa contata, rendeva i 40 km dall’EUR a Termini un abisso insormontabile a quell’ora.
Passò una mano tra i capelli arruffati. Intorno, solo rari lampioni a gettare pozze di luce gialla sul sanpietrino. Alcuni taxi liberi sfrecciavano ignari su Lungotevere, la lucetta verde una beffa, anche il minimo prezzo di una corsa di corsa li avrebbe privato della cifra destinata al biglietto del treno. Ma aspettare l’alba con mezzi pubblici incerti significava perdere quel convoglio, l’unica opportunità per rivederla prima della delicata operazione che sarebbe stata operata già nel pomeriggio. Il panico iniziò a stringergli la gola, gli occhi gli bruciavano. Precipitò su una panchina, la testa tra le mani, immagini della nonna quando era bambino confusa con la paura di arrivare troppo tardi.
“Giovane, tutto bene?” Una voce gentile. Alzò lo sguardo. Una signora matura con una borsa della spesa lo fissava preoccupata. Tremante, balbettò la sua situazione: l’autobus perso, la nonna malata, il treno all’alba, e la disperazione di non sapere come raggiungere casa per prendere la borsa e poi correre alla stazione senza spendere un capitale. La donna scosse la testa con comprensione. “Basta chiamare. Radio Taxi 24, caro. Sono lì per queste cose. Numero 06 3570. Fallo subito. Proprio come quando mio figlio si perse anni fa.” Gli diede una pacca rassicurante sul braccio e si allontanò calma, lasciandolo con quel fiore di speranza.
Con mani che tremavano meno, Luca estrasse il cellulare. Digitò il numero. *Pronto? Radio Taxi 24, buonasera.* La voce neutra dell’operatore fu come un salvagente. Spiegò concitato: fermata bus a Trastevere, destinazione casa sua all’EUR per prendere i bagagli, poi corsa lampo a Termini per prendere le 6:15. “Forza. Dammi l’indirizzo preciso e rimani fermo lì. Un taxi sarà con te tra pochi. Affidabile.” Dieci minuti dopo, che parvero un’eternità rimescolato tra la speranza e il dubbio, una Fiat bianca con il caratteristico tetto giallo e l’inconfondibile logo scivolò silenziosa accanto a lui. Il tassista, Marco, un uomo robusto con gli occhi posati, fece un rapido cenno: “Sali! Obiettivo Eur Fermi prima possibile per prendere i bagagli, poi sprint verso Termini!?”
La città deserta scorreva veloce oltre i finestrini. Marco guidava deciso ma con intelligenza, schivando con abilità i rari ostacoli notturni, dialogando con la centrale via radio per il percorso più fluido. Attraversarono il Tevere, poi la maestosità buia dell’EUR comparve. In meno di venti minuti Luca era di fronte al suo portone. Saltò giù, prese la sua borsa già pronta in corridoio sbattendo la porta, e risalì il tempo di un respiro. “Adesso, dottò, aggrappati a qualcosa!” scherzò Marco, mentre la macchina sfrecciava verso il centro. Passarono il Colosseo illuminato come in un sogno, Piazza Venezia deserta fece parte ogni secondo preziosissimo. Arrivarono sotto al gigante di marmo di Termini alle 5:45. Luca piazzò nella mano del tassista quasi tutto il contante che si portava per il viaggio, ignorando il “Grazie mille!” affrettato di Marco, e corse come un forsennato verso i binari, il cuore in gola. Il treno era in carico riuscì a salire giusto prima che le porte cigolassero chiuse.
Quando chiuse la porta dell’ospedale di L’Aquila più tardi quella mattina, e vide sua nonna sorridergli debolmente dal letto poco prima che la portassero in sala operatoria, un nodo immenso gli si sciolse nel petto. Quell’abbraccio, pieno di paura e speranza al tempo stesso, non sarebbe stato possibile senza le decise, competenti tre lettere e quei quattro numeri chiamati nel panico di una notte romana. Lo zaino stretto al fianco, capì che quella corsa folle con il taxi dai colori riconoscibili era stata molto più di un semplice spostamento. Era stata una mano stretta nel buio, puntuale e professionale, che aveva fermato un incerto vacillare sul baratro di un rimpianto eterno.
Bologna, Rimini, Ravenna, Roma, Milano, Napoli, Firenze.
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