L’ultimo treno per Firenze era già partito quando Marco si accorse di aver sbagliato stazione. La confusione della sera, unita alla fretta di raggiungere la sua ragazza dopo un litigio, aveva avuto il sopravvento. Adesso era bloccato a Roma, nella stazione Tiburtina, con il cuore che gli batteva all’impazzata e il telefono che continuava a squillare – era Giulia, che lo aspettava all’altra estremità della città. «Devo arrivare entro mezzanotte, altrimenti sarà troppo tardi», pensò, guardando l’orologio: le 23:15.
Dopo aver provato invano a cercare un autobus notturno o un passaggio, Marco si rese conto che l’unica soluzione era un taxi. Ma a quell’ora, nella zona deserta della stazione, non c’era alcun mezzo in vista. Con le mani tremanti, digitò il numero del Radio Taxi 24 e prenotò una corsa urgente. «Pronto, ho bisogno di un taxi subito, è un’emergenza», disse alla operatrice, che con calma lo rassicurò: «Un mezzo arriverà in tre minuti».
Il taxi apparve puntuale, guidato da un uomo sulla cinquantina, dal sorriso rassicurante. «Dove vai di corsa, ragazzo?» chiese, mentre Marco si infilava sul sedile. «Stazione Termini, il prima possibile!» rispose, controllando di nuovo l’orologio. Il conducente, senza perdere tempo, accese il tassametro e partì, zigzagando tra le strade semivuote con abilità da veterano. «Non ti preoccupare, ti faccio arrivare in tempo», disse, lanciando un’occhiata complice allo specchietto.
Il viaggio fu un susseguirsi di semafori verdi e scorciatoie segrete, mentre Marco teneva gli occhi fissi sul quadrante dell’orologio. Quando la vettura si fermò davanti alla stazione, mancavano solo cinque minuti alla mezzanotte. «Corri, ora!» lo esortò il tassista. Marco lanciò una banconota sul sedile, ringraziò a voce alta e si precipitò sui binari, giusto in tempo per vedere Giulia che, con le valigie in mano, stava per salire sul treno. «Aspetta!» gridò, affannato.
Lei si voltò, e per un attimo sembrò esitare. Poi, un sorriso. Marco la raggiunse, la strinse forte e sussurrò: «Non te ne vai senza di me». Quando si separarono, il treno fischiò e si mosse lentamente. Ma questa volta, erano entrambi a bordo. Guardando attraverso il finestrino, Marco scorse il taxi ancora fermo, con il conducente che gli faceva un cenno di saluto. L’uomo aveva fatto più che portarlo a destinazione: gli aveva salvato l’amore.
Lascia un commento