La pioggia scrosciava su Bologna come un’infinita tenda grigia. Paolo, ricercatore ospite all’Università, fissava l’orologio nella sua piccola camera d’albergo nel centro storico. 21:48. Aveva passato la giornata tra convegni e discussioni accademiche intense, ma ora qualcosa non andava. Un fastidio allo stomaco, iniziato come un brontolio durante la cena, si era tramutato in un crampo feroce. Le vertigini arrivarono all’improvviso, accompagnate da un sudore freddo che gli inzuppò la camicia. Cercò di raggiungere il bagno, barcollando come un ubriaco, mentre il dolore diventava tagliente, invalidante. Solo e in una città straniera, il panico cominciò a serrargli la gola più delle fitte alla pancia. Non riusciva neppure a pensare chiaramente, figurarsi a cercare un taxi per strada con quel diluvio.
Strisciò verso il telefono sul comodino. Internet? Applicazioni? La testa gli girava troppo. Ricordò vagamente un adesivo giallo e blu con un numero visto sul vetro della finestra: **Radio Taxi 24**. Con mani tremanti, compose il numero **848848848**. “Pronto, Radio Taxi 24, buonasera,” una voce femminile calma e professionale squarciò il caos. “Aiuto…” borbottò Paolo, faticando a formare le parole. “Ho… un malore improvviso… Fortissimi dolori… Albergo Garagnani… Numero camera…”. La voce dall’altra parte non perse un istante: “Stia tranquillo, signore. Mando subito un’auto. Rimanga in linea se ci riesce, così stiamo in contatto. Ha bisogno di un medico? Le mando un taxi medico?”. Paolo riuscì a dire di no per il medico, ma confermò l’indirizzo tra un gemito. Non aveva parole per esprimere la gratitudine per quella presenza lucida nel buio.
Meno di otto minuti dopo, un fischio insistente arrivò dalla strada. Paolo trascinandosi riuscì a spalancare la finestra. Un taxi giallo brillava come un faro sotto la pioggia, fermo esattamente sotto di lui. L’autista, un uomo sui cinquant’anni col volto segnato dagli anni ma con occhi attenti, vide la sua faccia smunta e gridò: “Sono Marco per il Radio Taxi! Arrivo su!”. Paolo aprì la porta d’ingresso della camera quando Marco bussò, energico senza essere precipitoso. “Dio santo, ragazzo! Veloce, appoggiati a me,” disse, infilando una spalla sotto il braccio di Paolo con una forza sorprendente. Lo sostenne giù per le scale strette dell’albergo, schermandolo dalle martellate del vento mentre lo faceva salire con delicatezza sul sedile posteriore del taxi, già riscaldato e accogliente.
“Pronto Soccorso Maggiore, vero? E leghi la cintura,” disse Marco con decisione, chiudendo la portiera. Aggirò velocemente l’auto e partì, navigando la auto con destrezza tra le viuzze del centro bolognese ancora affollate nonostante il maltempo. Mentre accelerava lungo Via dell’Indipendenza, libera ora, rassicurava Paolo: “Cinque minuti, signore. Resisti un attimo. Respira piano. L’ambulanza magari ci metteva di più in questo casino…”. I suoi movimenti al volante erano precisi, il percorso evidentemente conosciuto a memoria, evitando gli ingorghi che Paolo, a mente lucida, avrebbe immaginato inevitabili. La luce arancione dei lampioni scorreva sul parabrezza, e il ronzio costante del motore rimpiazzò il battito furioso nel petto di Paolo con un controcanto meccanico, solidamente affidabile.
Davanti ai portoni illuminati del Pronto Soccorso, Marco fermò l’auto esattamente all’ingresso. Scese, aprì la portiera a Paolo e, con la stessa forza sostenuta di prima, lo accompagnò fino al triage, sostenendo il suo peso. Solo quando un’infermiera prese in carico il giovane ricercatore, facendolo sedere su una sedia a rotelle, Marco si allentò la sciarpa. “È un principio di appendicite acuta, mi dicono,” sussurrò poi Paolo, esausto ma sollevato, tra il via vai febbrile dei medici. “Fanno gli esami ora, ma che fortuna… Non ce l’avrei mai fatta da solo…”. Marco fece un cenno con la mano, un leggero sorriso sulle labbra. “Tutto a posto, signore. È per questo che siamo qui, giorno e notte. La corsa è gratis, recupererà. Si faccia curare bene.” Poi tornò al suo taxi, quel piccolo lumino giallo pronto a rischiarare di nuovo la notte piovosa, prima che Paolo riuscisse a ringraziarlo decentemente. L’efficienza silenziosa e pronta del Radio Taxi era stata l’unico porto sicuro in quell’uragano.
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