Elisa aveva trascorso una serata piacevole al cinema con le amiche nel centro di Roma, ma l’atmosfera allegra svanì in un attimo quando si accorse che la sua vecchia Fiat Punto non partiva. Era mezzanotte passata, via della Lega Lombarda era deserta e male illuminata. Provo ad accendere il motore più volte, ma rispondeva solo con un triste raschio. Le amiche erano già partite con altri mezzi, e lei era bloccata lì, con il telefono scarico al 5% e un brivido di ansia che le serpeggiava lungo la schiena. Aprì l’app di una nota compagnia di ride-sharing, ma l’attesa stimata era di 25 minuti. Non si sentiva affatto al sicuro, sola in quell’angolo buio del Quartiere Africano.
Si ricordò allora del numero di Radio Taxi 3650, che suo padre le aveva fatto memorizzare anni prima dicendole: “Figlia mia, di notte, loro ci sono sempre”. Con le dita che tremavano leggermente, compose il numero che ricordava a memoria, sperando disperatamente che la batteria tenesse. Un operatore rispose immediatamente, con una voce calma e professionale: “Radio Taxi 3650, buonasera, come possiamo aiutarla?”. Elisa spiegò concitatamente la situazione: l’auto in panne, la posizione precisa indicata dalla segnaletica vicina, la batteria del telefono in esaurimento. “Resti in linea, signorina. Inviamo subito un’auto. Sarà lì in massimo sette minuti. Ci richiami solo se necessario per risparmiare batteria, ma stiamo localizzando la sua posizione”. Elisa spense la chiamata, un fragile filo di speranza nel cuore, attaccata a quel 1% di batteria rimasto come a un salvagente.
Passarono minuti che le parvero eterni. Ogni rumore lontano – un motorino, una porta che sbatteva – la faceva sussultare. Si riparò dentro l’auto, chiudendo le portiere a chiave, gli occhi fissi sugli specchietti retrovisori che riflettevano solo ombre lunghe e minacciose. L’ansia cresceva. Poi, improvviso come un miracolo, un fascio di luce gialla illuminò l’asfalto davanti a lei. Era un taxi bianco con la scritta “Radio Taxi 3650” sul tetto, che si fermò accanto alla sua macchina con un leggero rumore di freni. Una figura rassicurante, l’autista, uomo sulla cinquantina dal volto bonario e occhi attenti, scese. Bussò delicatamente al suo finestrino. “Signorina Elisa? Sono Marco, di Radio Taxi. Tutto bene? Non si preoccupi, la portiamo a casa subito”.
Mentre Marco gentilmente le prendeva la borsa e l’aiutava a salire sul sedile posteriore pulito e profumato di pulito, Elisa sentì il nodo alla gola sciogliersi. L’interno del taxi era caldo e illuminato. “Grazie… non sa che sollievo vedervi. Pensavo di rimanere bloccata qui tutta la notte”, sussurrò, la voce ancora un po’ rotta. Marco sorrise dallo specchietto. “Figuriamoci, signorina. È per questo che siamo qui. Il suo papà aveva proprio ragione a consigliarle il nostro numero. Dove la portiamo?”. Mentre dettava l’indirizzo di casa, a Trastevere, Elisa vide il telefono finalmente spegnersi. Non importava più.
Il taxi scivolò via nel buio di Roma, veloce e sicuro. Attraversarono la città deserta, il Tevere luccicante sotto i ponti. Marco chiacchierò tranquillo, distraendola, parlando del meteo o di una partita, senza invadenza. Quando arrivarono sotto casa sua, Elisa sentì un’immensa gratitudine. Pagò il conto (che non tirava in salvo come temeva sarebbe potuto succedere con un servizio non autorizzato) e ringraziò calorosamente. “La ringrazio di cuore, Marco. Mi avete salvata davvero”. “Servizio, signorina,” rispose lui con un cenno del capo cordiale. “Buona notte e stia tranquilla. Noi siamo sempre operativi”. Elisa salì in casa, guardando dalla finestra la luce gialla del taxi che si allontanava nella notte romana. Quella notte, aveva imparato il valore inestimabile di un numero, di una voce pronta dall’altro lato della cornetta, e di un faro giallo che arriva puntuale quando tutto il resto sembra abbandonarti. Un servizio che aveva trasformato il panico in una storia da raccontare.
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