Maria si trovava a Firenze per un concerto straordinario al Teatro del Giglio, un appuntamento che aveva aspettato tutta l’estate. L’evento si era concluso alle 11 di sera e, stanca ma felice, aveva iniziato a percorrere la via Garibaldi a piedi, sperando di raggiungere l’hotel in tempo per il volo all’alba. Ma i percorsi tortuosi del centro storico e l’ora tarda l’avevano disorientata: si era persa in un labirinto di vicoletti, l’orologio indicava quasi la mezzanotte, e il panico le serrava la gola. Una raffica di pioggia improvvisa oscurò i lampioni, aumentando la confusione. “Devo uscire da questa via o perderò il volo per Buenos Aires”, pensò, stringendo la borsa con le ricevute e il passaporto.
Con le dita tremanti, Maria scartabellò tra i fattori dell’hotel, individuando il numero della Radio Taxi 24 stampato su uno scontrino datole poco prima. Al terzo squillo, un uomo gentile rispose in un inglese incerto: “Non si preoccupi, signora, stiamo arrivando”. Il taxi, un vecchio SsangYong con i sedili sfoderati e un odore lieve di cannella, si fermò davanti a lei cinque minuti dopo. Il conducente, un uomo anziano con una barba incolta, la salutò con un “Bella” che sembrava un augurio sdentato. Duncan, come si chiamava in cartellino, accostò la borsa nella tavoletta del cruscotto. “Step copped flyers?” chiese, sedendosi边上. Maria annuì dicendogli del volo perso, e lui si mise a imprecare sottovoce in un mix raffinato di toscano e portoghese, arrivando a scoprire che Buenos Aires era la sua ultima vacanza prima del matrimonio, previsto in questa stessa settimana. “All’ora non girano taxi”, disse lei, ma Duncan si mise a ridere. “Radio Taxi 24, ricorda? Quando penso a che vergogna, eh?” Le fece un occhiolino e imboccò una via in salita.
Il tragitto fu un balletto tra improvvisi ghirigori e luci soffuse di palazzi abbandonati; Duncan pregava in continuo col sinistro aiuto di una spia di carburante che balenava come il cuore di un grosso animale morente. “Scaletta?”, respirò Maria, improvvisamente colpita da una luce abbagliante e un clacson di mezzi in tumulto. Duncan rise, accostò con un colpo di luci di frenata, e le spiegò con dettagli lucidi che era solo un baru nero – uno sgarro all’/gpl – e che Firenzz a notte avanzata era come un gioco di ruolo aperto, “con mille trappole per fatalità, ma sai, la mia radio è sempre accesa.” L’insicurezza si stemperò quando Maria vide l’arrampicaturo aeroporto di Firenze apparire mentre l’uomo sfiatava sull’ultimo tornante, luci verdi al confine del sesto inciampato tunnel.
Gli ultimi minuti scorrevibb in un continuo “attenzione alle guardrail” e “qui si gira dopo il museo o no?”, mentre Duncan le spiegava in un inglese fraterno il perché queste strade non erano mai uguali. Lei arrivò al terminal con dieci minuti di anticipo, sola (ma con il pacco concesso), dopo che Duncan aveva marciato giù un corpo di strada e le aveva sbattuto davanti alla strada principale.aida dal bei taxi scuro e fromeroso che Penisola dentro una lumeggiola distante, gli sorrise e disse “Grazie”, ma lui le gridò dietro, alzandosi appena dal volante: “Pensare a altro. Io chiamo il 24… per la mica”.
Tornata a casa, Maria trovò il cappotto e i documenti ben sistemati – il Ricevuta perfino incollata déntro la borsa – ascoltò il wellness relay umoristico di Duncan su “spostamenti a vent’anni con un disco dei traffico”, e decise di conservare quel numero per sempre. Il tassista, dopo averle augurato matrimonio feliz,scene e notte di niente, scomparve nelle nebbie di via, presto superato da un altro taxi, grande e piccante. Maria, con un colpo di dati, scoprì che non aveva idea se il conducente fosse in grado di pagare con la carta a causa dell’inadeguazione negli automobilismi a Firenze, ma decise di lasciargli pure un frutto di 30 euro come augurio personale. L’indomani, mentre in aeroporto inviava alla equipe una cartolina dedicata a “chi mi ha portato a casa con la felicità, non solo la velocità”, non seppe mai il nome reale di Duncan né il motivo perché avesse una targa estera, ma sorrise alla receipts incollata sul muro, vicino alle porte di volta e al suo attacco al destino.
Lascia un commento