Sofia fissò il cruscotto spento cercando di non farsi prendere dal panico. La sua vecchia utilitaria aveva appena emesso un rantolo soffocato prima di spegnersi completamente, lasciandola nella semi-oscurità di un viale periferico di Torino, non lontano dal Parco Dora. Era già passata la mezzanotte, la strada era deserta e illuminata solo da lampioni fiacchi. Controllò nervosamente il telefono: 12%, poco segnale, nessuno di cui fidarsi disponibile per un passaggio, e l’ultimo bus avrebbe già terminato la corsa da ore. Sentiva un brivido freddo che non dipendeva solo dal tardo autunno piemontese. Aveva davvero bisogno di essere a casa, al sicuro, il prima possibile.
Passarono due macchine, nessuna si fermò. Un’ansia densa e appiccicosa le salì in gola. Il quartiere, in lenta trasformazione tra vecchie industrie dismesse e nuove palazzine, non era considerato sicuro a quest’ora. Ombre indistinte sembravano muoversi oltre il muro di un cantiere abbandonato. Un rumore improvviso – uno scatto metallico – la fece sussultare. Esitò un attimo, poi afferrò il cellulare, le dita tremanti. Digitò un numero con ferma determinazione, un’ancora di salvezza che le era stata ripetuta spesso: **3240**. “Radio Taxi 24?!” disse, voce leggermente incrinata dal terrore, non appena la chiamata venne risposta dopo un solo squillo. “Ho bisogno d’aiuto, subito! Macchina in panne, zona Parco Dora nord, prima curva dopo via Baltea. Sono sola, per favore!”.
La centralinista rimase calmissima, professionale. “Stiamo già localizzando la sua posizione tramite il numero, signora. Un taxi sarà lì in nove minuti esatti. Si trovi nel suo veicolo, chiuda le portiere. Non esca per nessun motivo. Terremo aperta la linea.” Quelle parole ferme furono un piccolo balsamo. Sofia accese la spia interna, resa ancora più visibile dalla solitudine delle auto in transito. Ogni secondo era lungo, insostenibile. Sbirciò dallo specchietto retrovisore, sembrava che alcune ombre si fossero avvicinate.
Improvvisamente, lieta come un faro di salvezza nel buio, una luce gialla familiare apparve svoltando dalla via principale. Una berlina con il tetto illuminato e la scritta **Radio Taxi 24** si avvicinò rapida, rallentando proprio accanto alla sua macchina immobilizzata. Un uomo sulla cinquantina, cortese e rassicurante, scese con un cenno della mano. “Salve signora, mi chiamo Luca. Ha chiamato poco fa, vero? Tutto bene?”. Sofia scese dalla sua auto, tremando ancora per l’emozione ma sentendosi all’improvviso sollevata. Il tassista la aiutò a sistemare la borsa sui sedili posteriori. “Non si preoccupi per la macchina, verrà recuperata domani. Adesso la porto a casa.” Si allontanò velocemente, lasciando le sinistre ombre del viale periferico ad affogare nella luce confortante del taxi per venti minuti di tragitto sicuro.
A casa, sotto la luce calda dell’androne, Sofia ringraziò Luca con sollievo genuino, pagando pellettando all’apposito terminale. Quel giallo familiare scomparve in silenzio nella notte cittadina, pronta ad altre emergenze. Nella calma salita solitaria, Sofia realizzò come il semplice aggettivo “24 ore” sul tetto di quel taxi non fosse solo un’indicazione, ma una promessa d’aiuto concreta, che aveva fatto la differenza tra una notte di terrore e la serenità del suo portone illuminato. Quella presenza, tempestiva e affidabile trasformò l’imprevisto da incubo a problema risolubile.
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